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Zoltán Turgonyi[1]: La legge naturale e la storicità (IAS, 2020/1., 91-104. o.)

La sfida relativista causata dalla molteplicità delle norme morali accettate dai popoli diversi e dalle epoche differenti è una delle questioni più importanti nella storia della legge naturale. Questo problema si presenta già nel pensiero dei sofisti e nella risposta di Socrate data al loro relativismo, la quale sottolinea l'esistenza di una legge divina non scritta, benché non vi troviamo ancora l'espressione stessa 'legge naturale'. Più tardi l'Occidente - tramite radici sia greco-romane, sia cristiane - si lega al pensiero giusnaturalistico per un lungo tempo. Ma poi, a causa delle informazioni ottenute sui costumi di altre civiltà - in particolare dopo l'inizio delle grande scoperte geografiche, a partire dalla fine del medio evo - l'uomo occidentale viene costretto a prendere nota delle differenze considerevoli fra i diversi popoli, quanto al contenuto delle norme morali accettate da questi. Una delle reazioni possibili è la negazione della mera esistenza della legge naturale, il che ci rende disarmati davanti alla minaccia del relativismo. Un'altra reazione possibile, non meno sfortunata, è la riprovazione morale di tutto il popolo in questione: lo qualifichiamo semplicemente colpevole, riferendoci al fatto che le sue norme deviano da quelle della legge naturale. Anche questa seconda soluzione è un po' scomoda, in particolare quando si tratta di una civiltà non-europea esistente già da parecchi secoli o millenni in prosperità; in questo caso è quasi inevitabile la domanda: in che senso è 'naturale' la legge naturale, in che senso appartiene all'essenza dell'uomo, se una civiltà intera può funzionare e prosperare durante un lunghissimo perido senza applicare questa legge nella sua forma autentica e intera? Dunque abbiamo bisogno di una soluzione che ci rende capaci di riconoscere le differenze storiche e geografiche delle norme morali come una molteplicità non soltanto de facto, ma - almeno in parte - anche de jure, però, alla stessa volta, ci lascia la possibilità di conservare l'idea della legge naturale universalmente valida. In ciò che segue vorrei presentare una soluzione possibile, usando anche la teoria giusnaturalistica di Jacques Maritain, la quale, secondo me, finora non è stata utilizzata sufficientemente dalla parte del pensiero cattolico.

Le vecchie teorie della legge naturale, comprese anche quelle cattoliche, non erano abbastanza aperte verso la storicità. Secondo i tipici manuali preconciliari di teologia

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morale e di etica (per esempio quelli di Noldin, Tanquerey, Prümmer ecc.) le norme della legge naturale sono sovrastoriche, e (almeno a grandi linee) riconoscibili da ciascuna persona adulta e sana di mente. In questi manuali, di solito, troviamo una tripartizione delle norme:[1] ci sono i precetti più generali (per esempio la Regola d'Oro o il precetto "bonum faciendum, malum vitandum"), poi le norme un po' più concrete, praticamente quelle del Decalogo[2], infine le cosiddette 'conclusioni remote' dei dieci comandamenti, per esempio il divieto di duello e di vendetta privata, il dovere di restituire l'oggetto trovato al proprietario, l'indissolubilità del matrimonio, ecc.[3]

Incidentalmente devo aggiungere che nel Supplementum della Summa Theologiae di San Tommaso i primi due gruppi qui menzionati costituiscono insieme i precetti primari, e le conclusioni remote sono i precetti secondari, mentre nelle altre parti della Summa Theologiae, completate dall'Aquinate stesso, i dieci comandamenti e le conclusioni remote insieme sono i precetti secondari, i precetti più generali invece sono da soli i precetti primari.[4] Maritain, per evitare ogni fraintendimento, propone una terminologia nuova: egli chiama i precetti secondari del Supplementum 'precetti secondari nel senso più stretto' ('préceptes seconds au sens le plus strict'), i Dieci Comandamenti 'precetti secondari nel senso più largo' ('préceptes seconds au sens le plus large'), mentre i precetti generalissimi sono i 'precetti primari nel senso assoluto' ('préceptes premiers au sens absolu').[5] L'importanza di questa precisazione diverrà chiara più tardi.

Quando gli autori di questi manuali parlano della riconoscibilità della legge naturale, di solito dicono che nel caso delle norme più generali l'errore è impossibile, e anche il contenuto essenziale del Decalogo è chiaro per tutti, così l'ignoranza dei dieci comandamenti è imputabile al peccato dell'ignorante. Per quanto riguarda, invece, le norme del terzo gruppo, cioè le conclusioni remote, la loro ignoranza può essere incolpevole, dal momento che sulla loro validità c'è spesso un dissenso anche

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tra i teologi o i filosofi.[6] Ciò nonostante anche l'ignoranza di queste conclusioni remote costituisce un'anomalia, una specie di disordine.

Però ci sono dei casi contrari alle conclusioni remote, i quali non potrebbero essere facilmente qualificati come anomalie. Pensiamo al ripudio della moglie e alla poligamia, permessi agli ebrei nel tempo del Vecchio Testamento. A questo proposito i manuali preconciliari menzionati dicono che Dio può dispensare dai precetti secondari, intesi come conclusioni remote (cioè la terminologia qui usata corrisponde a quella del Supplementum della Summa Theologiae). Cioè secondo loro (e anche secondo San Tommaso) l'unità e l'indissolubilità del matrimonio appartengono ai precetti secondari.[7]

Secondo il Dottore Angelico Dio dispensò temporaneamente dalla regola della monogamia per aumentare la popolazione degli ebrei. I patriarchi vennero a sapere la dispensa tramite una ispirazione interna divina, poi tutto il popolo cominciò ad imitare il loro comportamento, a causa della loro autorità.[8] In questo caso Dio potè dispensare perchè l'inosservanza di un precetto secondario non impedisce completamente la realizzazione del fine primario nel dato contesto, soltanto la rende più difficile. Nel caso del matrimonio il fine primario è la conservazione della specie. La realizzazione di questo fine non è impedita dalla poligamia (qui intesa come poliginia, cioè il matrimonio di un uomo con più donne): la procreazione è possibile anche così, e si vede chiaramente chi siano le persone responsabili per l'educazione del figlio, dal momento che la persona del padre e quella della madre sono ugualmente discernibili. Il permesso in questione non è soltanto giuridico: la poliginia diviene anche moralmente lecita durante il vigore della dispensa.[9]

A proposito della poliginia San Tommaso dice con validità generale che i precetti secondari possono essere sospesi, se in date circostanze concrete sono inopportuni.[10] Menziona anche un esempio ulteriore: il ripudio della moglie fra i vecchi ebrei. Secondo lui la realizzazione del fine primario del matrimonio rimane possibile anche in questo caso. Quanto alla questione della liceità morale del ripudio, Tommaso qui si astiene dalla decisione, lasciando aperta la possibilità sia della risposta negativa che di quella affermativa.[11] (Però secondo Maritain quest'ultima corrisponderebbe meglio alla logica del sistema di Tommaso.[12])

Insomma, secondo l'opinione dominante fra gli autori cattolici preconciliari (sostenuta anche dall'autorità di San Tommaso) l'inosservanza delle norme della legge naturale di solito è dovuta al peccato o all'ignoranza deplorevole; inoltre anche Dio diede qualche volta una dispensa (mediante un'ispirazione interiore), e in quest'ultimo

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caso l'inosservanza di un precetto della legge naturale poteva essere moralmente incolpevole. Cioè il cambiamento lecito di un precetto della legge naturale è un caso eccezionale, spesso miracoloso, e non si può parlare di uno sviluppo - o, in generale, di un cambiamento - storico delle regole morali come di un fenomeno normale.

Dal punto di vista dei sopraddetti il pensiero giusnaturalistico di Jacques Maritain significa un mutamento radicale, finora non approfittato abbastanza dall'etica e dalla teologia morale del cattolicesimo. Il grande tomista francese - confrontandosi con la molteplicità storica e geografica delle regole morali - propone una distinzione fra l'aspetto ontologico e l'aspetto gnoseologico della legge naturale: mentre, da un lato, è vero eternamente che certe regole (da noi chiamate le norme della legge naturale) sono le migliori per la natura umana, dall'altro lato il conoscimento di queste norme si svolge al corso di uno sviluppo contradittorio, pieno di successi ma anche di fiaschi, cioè durante una specie di evoluzione culturale, il che può spiegare le differenze fra le concezioni morali delle diverse società.[13] Maritain, descrivendo questo processo della nascita, del successo o dell'insuccesso delle diverse regole morali, parla addirittura della 'legge della sopravvivenza del più adatto' (la 'loi de la survivance du plus apte'),[14] facendo allusione chiaramente all'espressione inglese 'survival of the fittest', la quale è stata formulata da Herbert Spencer per segnare la selezione naturale darwiniana.[15]

Così in generale rimane valido l'insegnamento classico della Chiesa sulla conoscibilità razionale della legge naturale morale senza l'aiuto della Rivelazione, benchè il processo del conoscimento si svolga durante tutta la storia, tramite la cooperazione delle generazioni che si succedono continuamente (invece di realizzarsi uniformemente nel caso di tutti, informando ciascuna persona di ogni epoca sulla forma completa e ideale della legge naturale).

Naturalmente questa descrizione è valida anzitutto se facciamo astrazione da quello che sappiamo sulla (e dalla) Rivelazione e usiamo esclusivamente le informazioni fornite dalle scienze profane (e, in generale, dal sapere normale, quotidiano, non scientifico) sull'uomo.[16] Così troviamo naturale il fatto che le società differenti si sviluppano gradualmente, e non con la stessa velocità, e a causa di questo non tutte riconoscono simultaneamente le regole morali concrete. Tutto ciò, naturalmente, si svolge così in primo luogo nel caso delle epoche e delle società che non conoscono ancora la Rivelazione, però in un certo senso è valido anche per la civiltà occidentale, fondata sulle basi giudeo-cristiane, perchè anche il suo proprio sviluppo produce dei problemi nuovi morali, per i quali non troviamo la soluzione immediata fra le norme della legge naturale le quali conosciamo dalla Bibbia o dalla tradizione. Basta pensare alla crisi ecologica o ai diritti umani: di questi non c'è alcuna informazione esplicita nella Rivelazione.

Così secondo Maritain il cambiamento storico delle regole morali e l'inosservanza incolpevole della legge naturale sono dei fenomeni frequenti e normali dello sviluppo

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dell'umanità. Anche questo è già una novità importante, ma, come vedremo, l'interpretazione maritainiana della dispensa divina menzionata è ancora più significativa. Il pensatore francese accetta quello che San Tommaso dice sulla possibilità di dispensare dai precetti secondari, ma modifica l'interpretazione del modo concreto della dispensa. Secondo Maritain nel caso della poliginia Dio non diede agli ebrei una dispensa esplicita, mediante un'ispirazione interna, invece li lasciò semplicemente nel loro stato primitivo d'ignoranza, in sè completamente normale, nel quale non conoscevano ancora la regola ideale della monogamia.[17] Possiamo dire anche così: Dio lasciò funzionare i processi spontanei della storia, secondo i quali su un certo livello dello sviluppo storico la poliginia era necessaria per la conservazione della specie, sia nel caso degli ebrei, sia nel caso d'altri popoli.

Quanto al ripudio, la situazione è quasi la stessa. La differenza è che a proposito di questo anche San Tommaso dice esplicitamente che nel caso di un precetto secondario (un "precetto secondario nel senso più stretto" secondo la terminologia maritainiana) la dispensa divina può succedere mediante le cause seconde, cioè tramite fattori appartenenti al mondo immanente (senza l'uso di un intervento divino diretto).[18] Da tutto ciò Maritain conclude che la dispensa da un precetto secondario può realizzarsi mediante la decisione del legislatore umano (in questo caso Mosè), presa secondo i punti di vista del bene comune.[19] Dunque, in ultima analisi, ambedue le dispense si svolgono come dei processi storici normali, senza elementi straordinari e inesplicabili dalle scienze profane.[20]

Dal momento che a proposito di questi esempi San Tommaso e Maritain parlano con validità generale sul modo della dispensa nel caso dei precetti secondari come tali, le loro parole sembrano suggerire che la dispensa interpretata così possa realizzarsi anche in altri casi e in altre società ed epoche, non soltanto nel mondo del Vecchio Testamento, ma anche oggi o nel futuro. Ciò significa praticamente che abbiamo una legge naturale che - se usiamo la terminologia del Supplementum - contiene da un lato precetti primari fissi, dall'altro lato precetti secondari, il cui vigore e mutabile, cioè possono venire sospesi o rimessi in vigore, da agenti umani, secondo le circostanze storiche concrete. Queste decisioni devono corrispondere alla regola menzionata da San Tommaso: la sospensione di un precetto secondario deve essere compatibile con la realizzazione del fine primario nel contesto in questione, dal momento che le azioni che rendono impossibile la realizzazione di un fine primario, sono contro i precetti

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primari, (concretamente contro i 'precetti secondari nel senso più largo' secondo la terminologia proposta da Maritain) e da questi non può dispensare un legislatore umano. Questi fini primari corrispondono a quelli delle inclinazioni fondamentali enumerati dall'Aquinate: alla conservazione dell'essere individuale e della specie, alla vita sociale e alla conoscenza della verità (in particolare di quella concernente Dio).[21] I precetti secondari (nel senso stretto) sono contro i comportamenti che rendono difficile o impossibile la realizzazione di fini secondari, ma non impediscono completamente quella di alcuno fine primario (benchè possano renderla più difficile). Dunque per sapere se un precetto sia secondario (nel senso stretto) - e se così si possa cambiarlo -dobbiamo esaminare soltanto l'effetto possibile della sua sospensione sui fini primari. Così il controllo umano dei cambiamenti di vigore dei precetti secondari (nel senso più stretto) non è arbitrario o capriccioso. Lo sviluppo storico delle norme diviene controllabile razionalmente, sempre di più.

Ai casi di cambiamenti moralmente validi nel contenuto della legge naturale menzionati da Maritain possiamo aggiungere anche degli esempi ulteriori. Uno di questi è il problema dell'obbligatorietà del matrimonio. Secondo San Tommaso all'inizio della storia il matrimonio era obbligatorio per tutti gli individui, ma più tardi, quando la popolazione della Terra era già sufficientemente grande, questa regola venne cambiata, e da allora in poi non tutti gli uomini e tutte le donne devono sposarsi, invece ciascuna persona può sceglire fra il matrimonio e la verginità, e la riproduzione della specie umana è soltanto il dovere della società come tale.[22] Anche qui si tratta del cambiamento di un precetto secondario nel contesto delle norme concernenti l'inclinazione alla conservazione della specie. Il fine primario qui è proprio questa conservazione stessa che rimane possibile anche se il matrimonio non è più obbligatorio per tutti gli individui. Cioè il precetto primario in questione potrebbe essere formulato così: "Assicurate in qualche modo tramite il matrimonio la conservazione della specie."

(Tra parentesi vorrei aggiungere che naturalmente non è importante la correttezza storica di questo esempio concreto. Quello che importa è che abbiamo un esempio di più per illustrare l'apertura di San Tommaso verso la possibilità dei diversi cambiamenti storici del contenuto della legge naturale.)

Quello che è detto poco avanti sulla conoscenza più o meno stabile dei precetti primari (nel senso usato nel Supplementum) e sul cambiamento storico relativamente frequente di un altro gruppo di precetti che regolano delle situazioni più particolari, può essere - a grandi linee - riconosciuto come un fatto anche dalle scienze profane. (E usando la teoria di Maritain questo fatto può venire legittimato anche moralmente.) Per la limitatezza dello spazio naturalmente non posso qui dare un'analisi sufficientemente approfondita di tutto ciò, ne descrivo soltanto alcuni esempi.

Quanto alla conoscenza dei primari precetti più generali, vediamo la Regola d'Oro e il dovere di fare il bene ed evitare il male! La prima può essere seguita anche senza la sua formulazione esplicita, dal momento che è una regola che funziona già anche nel caso di certi animali, nella forma che i sociobiologi chiamano 'altruismo reciproco', dunque

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si costituisce spontaneamente anche nelle società umane più primitive, perché l'assenza totale di questa regola renderebbe impossibile la cooperazione dei membri. Anche la regola "bonum faciendum, malum vitandum" può funzionare senza una formulazione esplicita, perché già il bene (nel senso morale) in sè stesso è per definitionem quello che 'deve essere fatto', e il male (ugualmente nel senso morale) è per definitionem quello che 'deve essere evitato', dunque se una comunità possiede già le nozioni del bene e del male morali, segue implicitamente la detta regola. Anche il contenuto essenziale del Decalogo (che insieme alle norme generalissime appartiene ai precetti primari se seguiamo la terminologia del Supplementum) è veramente conosciuto dappertutto, se usiamo la parola 'essenziale' in un senso sufficientemente generale. È chiaro che nemmeno i membri della più piccola e più primitiva comunità potrebbero cooperare senza la limitazione dell'aggressione all'interno del gruppo, senza la prescrizione della veracità, senza qualsiasi regolamento della possessione dei beni[23] ecc. Anche la proibizione - sia morale che giuridica - dell'adulterio sembra essere abbastanza generale nelle società premoderne (e anche in quelle moderne, se facciamo astrazione dalla situazione attuale 'post-sessantotto' della civiltà occidentale, completamente eccezionale nella storia dell'umanità), anzitutto nel caso dell'infedeltà della donna, ma spesso puniscono o almeno condannano moralmente anche il marito se lui tradisce la moglie. La gelosia sessuale maschile ha dei fondamenti biologici: esiste la cosiddetta selezione parentale (kin selection), cioè ognuno preferisce - volente o nolente - quelli che sono i suoi parenti biologicamente; dunque il marito tende ad evitare la nascita di figli la cui paternità è dubbia, non volendo usare le sue energie per l'educazione della prole di un altro uomo.[24] Il caso della prima tavola dei Dieci Comandamenti è un po' simile a quello del sesto precetto: l'ateismo di massa è un fenomeno recentemente nato nella storia dell'umanità, nel passato qualche religione era presente dappertutto, anche se non sempre nella forma monoteistica prescritta dal Decalogo.[25]

Dagli esempi sopraddetti si vede che i precetti primari veramente sono conosciuti in qualche modo sempre e dappertutto, e questa conoscenza è spiegabile razionalmente, da parte delle scienze profane. Dall'altro lato è un fatto empiricamente riconoscibile anche la variabilità storica di molti altri precetti, che in parte corrispondono ai precetti secondari della teoria tradizionale cattolica, in parte invece sono differenti da questi ultimi. Adesso non dobbiamo trovare la linea divisoria esatta fra i precetti primari

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e quelli secondari. Basta costatare che la divisione tradizionale è valida a grande linee, e ora - utilizzando i risultati maritainiani - possiamo aggiungere che la grande variabilità nel contenuto dei precetti non-primari non è uno scandalo, invece è un fatto normale della storia umana, (anzi, può avere addirittura una funzione storica positiva) e che nel cambiamento di questi precetti anche le decisioni umane possono avere un ruolo legittimo.

Però, da un certo punto di vista anche i precetti primari (intesi sempre nel senso usato da San Tommaso nel Supplementum) sono sottomessi alla storia. La loro storicità significa che l'umanità prende la loro conoscenza al corso dell'evoluzione culturale già menzionata[26] (la quale, del resto, funziona naturalmente anche nel caso dei precetti secondari), ma dopo essere conosciuti rimangono validi per sempre, dal momento che sono indispensabili già per le società più primitive e piccole: il funzionamento normale di qualsiasi comunità richiede il divieto di menzogna, di furto, di omicidio ecc. Qui, dopo la riconoscenza dei precetti, la loro storicità significa piuttosto il crescimento della misura della comunità morale, fra i cui membri il rispetto reciproco di questi precetti è obbligatorio: all'inizio del processo gli stranieri sono ancora esclusi da questa reciprocità, mentre oggi - almeno in teoria - tutta l'umanità costituisce una sola comunità morale.

Secondo una obiezione possibile il cambiamento delle norme minaccia una delle funzioni più importanti della morale, l'assicurazione della previsibilità reciproca del comportamento degli individui, necessaria per la mutua fiducia, senza la quale sarebbero impossibili la cooperazione e la mera coesistenza. Ma dobbiamo vedere che secondo il modello proposto da Maritain (e anche da me) le norme assicuranti la detta previsibilità mutua appartengono ai precetti primari, che sono fissi, immutabili. Possiamo fare delle discussioni sui precetti non-primari, ma proprio questo discorso morale richiede che ciascun partecipante rispetti la persona e i beni degli altri e s'astenga dall'igannarli o manipolarli, e le regole che assicurano questo rispetto e proibiscono l'inganno sono dei precetti primari.[27] (Naturalmente ciò non vuol dire che l'unica funzione di questi precetti sia l'assicurazione del dialogo morale, o che non ci siano oltre questi anche d'altri precetti primari senza questa funzione.) Se queste regole garantiscono la nostra sicurezza, possiamo dialogare tranquillamente sui precetti nonprimari, però ciò non significa che il contenuto di questi ultimi sia completamente arbitrario: non dimentichiamo che nel caso della dispensa da un precetto secondario anche il nuovo precetto, quello sostitutivo, deve essere compatibile con il fine primario del dato contesto, come abbiamo visto a proposito della poliginia e del divorzio. Cioè i sopraddetti non fanno accettare una etica minimalista liberale, dove l'unica cosa da

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rispettare sarebbe il principio del danno (harm principle). Oltre i precetti proibenti la violazione della libertà degli altri esistono anche scopi obbligatori che non possono essere dedotti dagli interessi individuali: pensiamo in particolare alla conservazione della specie, che fonda parecchie norme sessuali le quali non possono essere inseriti in un sistema individualista.[28]

Così i precetti primari della legge naturale nascono più o meno da un processo spontaneo, mentre la nascita di quelli secondari e la loro eventuale sospensione temporanea succedono spesso dopo una riflessione, tramite una decisione cosciente. Ma ciò non contraddice alla loro naturalezza. La legge naturale morale è naturale perchè si costituisce senza l'aiuto della Rivelazione e perchè corrisponde alla natura umana, in particolare alle quattro inclinazioni principali soprammenzionati. E, del resto, anche l'uso della ragione è una cosa che appartiene organicamente alla natura umana... Anche Maritain stesso riconosce il ruolo della riflessione nello sviluppo storico del conoscimento della legge naturale: benchè il processo cominci per il funzionamento delle diverse inclinazioni (non soltanto quelle quattro fondamentali), dopo un certo punto dello sviluppo l'uomo comincia a pensare coscientemente sui problemi morali, prova - anche tramite la filosofia - a risolvere le contraddizioni eventuali fra le inclinazioni, ad accordarle con quelle fondamentali della natura umana, e da tutto ciò nascono anche delle nuove inclinazioni ecc., cioè il processo è l'unione indissolubile di elementi spontanei e intenzionali.[29]

Dunque anche i casi di qualsiasi sospensione o reintroduzione cosciente di un precetto secondario si adattano perfettamente al processo storico presentato da Maritain. Anzi, il funzionamento della dispensa divina non soltanto permette, ma addirittura richiede la riflessione umana che prende in considerazione i fini primari in questione e assicura il loro vigore nonostante il cambiamento di un precetto secondario, dal momento che in questo caso è proprio la decisione umana che deve avere il ruolo della causa seconda tramite la quale Dio realizza la dispensa.

Praticamente non dobbiamo nemmeno conoscere il contenuto esatto dei precetti secondari (se mettiamo in parentesi quello che ne sappiamo soltanto dalla Rivelazione). Dal momento che sia la sospensione che la reintroduzione di questi precetti devono adattarsi da un lato alle circostanze storiche concrete, dall'altro lato ai fini primari (la cui realizzazione deve rimanere assicurata), quello che importa è che il contenuto della norma concreta in questione corrisponda sia ai fini primari, sia a queste circostanze; questa corrispondenza in sè giustifica la norma moralmente nella situazione data, anche se non è identico con quella norma che - secondo la teoria tradizionale della legge naturale - dovrebbe essere il vero precetto secondario in circostanze ideali. Basta sapere i quattro fini generali e le circostanze concrete. Per esempio un popolo che nel passato praticava la poligamia (che corrispondeva alla sua situazione concreta), non doveva necessariamente sapere che questa prassi non coincideva con il vero precetto secondario (nella forma autentica della legge naturale); è vero che per esempio gli vecchi

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ebrei lo sapevano dalla Rivelazione, ma avrebbero potuto trovare la poligamia come soluzione anche senza sapere che fra la poligamia e la monogamia era quest'ultima che corrispondeva al vero precetto secondario nel caso del matrimonio.

Dal momento che il criterio più importante dell'accettabilità di una norma è la sua compatibilità con le quattro inclinazioni fondamentali soprammenzionati, dobbiamo renderci conto di due obiezioni possibili.

La prima n'è la seguente. Se leggiamo il testo ben conosciuto della questione 94 della Prima Secundae, o la sua interpretazione presentata da Maritain, abbiamo facilmente l'impressione che sia l'Aquinate che il grande maestro tomista francese abbiano una classificazione troppo semplice delle norme, secondo la quale ciascuna norma appartenga a una sola delle quattro inclinazioni. Se fosse così, la classificazione sarebbe evidentemente sbagliata, dal momento che nella vita reale le diverse categorie d'attività umane regolate dalla legge naturale non sono separate ermeticamente l'una dall'altra. Ma in realtà anche San Tommaso è consapevole di tutto ciò. Vediamo un esempio, quello del divieto dell'omicidio. Secondo la classificazione fatta nella questione 94 sopraddetta (e anche secondo la tabella di Maritain la quale rappresenta il sistema delle inclinazioni e dei precetti)[30] questo comandamento appartiene alle norme concernenti l'inclinazione della conservazione della vita individuale. Però è chiaro che se fosse permesso l'omicidio degli innocenti, ciò minaccerebbe non soltanto le vite individuali, ma anche l'ordine della società, rendendo impossibile qualsiasi cooperazione umana. Ma questo è visto molto bene anche da San Tommaso stesso: nell'articolo 6 della questione 64 nella II-II della Summa Theologiae dice per esempio che l'omicidio di un innocente è nocivo anche per la società, perchè quest'ultima perde così un membro utile dal punto di vista del bene comune. (Del resto anche il divieto del suicidio ha in parte una causa simile: ibidem, a. 5.) Così possiamo dire che una norma concreta della legge naturale può appartenere simultaneamente a più inclinazioni fondamentali, e tramite queste a più fini primari. Per darne un esempio ulteriore: la stabilità del matrimonio assicura la conservazione della specie, ma anche l'ordine della società, dal momento che i genitori danno ai figli una educazione morale.

L'altra obiezione possibile è che l'elenco tommasiano delle inclinazioni fondamentali forse non è esaustiva, non rende conto di tutte le attività specificamente umane, e così, se ci limitiamo alle inclinazioni menzionate dall'Aquinate, difendiamo soltanto un'antropologia impoverita.

Naturalmente non abbiamo qui la possibilità di dare una risposta sufficientemente dettagliata. Possiamo soltanto segnare la direzione nella quale dobbiamo cercare la soluzione. Se consideriamo unicamente il senso letterale della lista data da San Tommaso, essa sembra veramente troppo breve: conserviamo la nostra vita individuale e l'essere della specie, cerchiamo la verità su Dio e viviamo in società. Dove sono per esempio le scienze profane, l'arte (nel senso moderno), il gioco e gli altri divertimenti, ecc.? Ebbene, in realtà i fini primari corrispondenti a queste inclinazioni presuppongono parecchi fini annessi ulteriori, e, inoltre, possiamo anche combinare le diverse inclinazioni primarie l'una con l'altra o con quelle annesse (perchè anche in questo caso

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è vero che le sfere dei fini primari non sono isolate l'una dall'altra rigidamente), il che rende possibile che inseriamo nel sistema tommasiano anche delle attività recentemente nate, sconosciute all'epoca dell'Aquinate. Diamo una illustrazione, usando l'esempio dell'arte! (Naturalmente l'esempio sarà un po' semplificato, per la comprensibilità.)

Il nostro punto di partenza sia l'inclinazione alla ricerca della verità su Dio. Ebbene, ammesso che questa inclinazione sia presente in tutti noi, ciò nonostante è un fatto innegabile che una parte considerevole della gente non arriva a una conoscenza naturale di Dio (nel senso cattolico di questa espressione), invece avrà un'altro risultato, per esempio diviene ateo, agnostico ecc. Ora mettiamo tra parentesi la questione della colpevolezza di un tale risultato. Quello che importa adesso per noi, è l'inclinazione alla ricerca stessa della verità su Dio, e così possiamo dire che anche gli atei, gli agnostici, i pagani ecc. trovano qualche risultato corrispondente a questa inclinazione. Dunque attualmente l'essenziale è l'inclinazione alla formazione di una 'visione del mondo' o 'concezione del mondo' (nel senso della parola tedesca 'Weltanschauung'). I mezzi tradizionali riconosciuti di cercare e di esprimere la 'Weltanschauung' erano la teologia e la filosofia, ma all'epoca moderna il mondo occidentale attribuisce un tale ruolo anche all'arte. (Anzi, si può dire, in un certo senso limitato, che anche la premodernità conosceva e riconosceva almeno in parte questo ruolo, per esempio quando si parlava della funzione didattica dell'arte; però in questo caso l'arte aveva soltanto un ruolo sussidiario o ausiliario, qualificato inferiore a quello della teologia e della filosofia.) Così anche l'arte può essere inserita fra le attività concernenti la 'Weltanschauung' presa nel senso più largo possibile, cioè comprendente anche la relazione soggettiva, emozionale ecc. dell'uomo con il mondo, il suo 'sentimento vitale', la sua 'attitudine alla vita', cioè quello che in tedesco si esprime per la parola 'Lebensgefühl'. Per quanto riguarda le opere d'arte (comprese, naturalmente, anche le opere della letteratura) senza un messaggio serio sulla 'Weltanschauung', cioè quelle puramente divertenti, queste hanno già il loro posto ben determinato anche nel sistema tommasiano: servono l'inclinazione alla conservazione dell'essere individuale, dal momento che la ricreazione è necessaria per la vita (in particolare per la sanità dell'anima).[31] Naturalmente una parte considerevole delle opere concrete contiene sia l'espressione della 'Weltanschauung', sia gli elementi divertenti e ricreativi; così queste opere possono appartenere simultaneamente a due inclinazioni differenti.

Così abbiamo una teoria giusnaturalista che possiede un'antropologia autentica e che è capace di rendersi conto della storicità della legge naturale, pur mantenendo i fini primari e i precetti primari come elementi fissi (da rispettare in ogni epoca), e alla stessa volta è compatibile anche con le scienze profane attuali, dal momento che è capace di spiegare ogni cambiamento delle norme - comprese quelle attribuite a una dispensa divina - con fattori immanenti, con cause seconde, seguendo il modello tradizionale del concursus divinus. Le scienze profane non devono nemmeno "mettere tra parentesi" il fine primario corrispondente all'inclinazione alla conoscenza della verità su Dio, perchè anche uno scienziato ateo può riconoscere il ruolo sociale, psicologico ecc. della religione anche se personalmente non crede nell'esistenza reale di Dio.

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Naturalmente l'accettabilità di questa storicità da parte della Chiesa è un'altra questione. Qui non è possibile una discussione esaustiva di questo problema. Posso fare soltanto qualche osservazione preliminare, con lo scopo di preparare una elaborazione sufficiente, da scrivere più tardi.

Anzitutto: benché parecchi documenti ufficiali della Chiesa sottolineino l'universalità e l'immutabilità della legge naturale,[32] questa affermazione non è da prendere rigidamente alla lettera, perché, come abbiamo visto, la Rivelazione ci informa sull'esistenza di eccezioni evidenti, e questo fatto è riconosciuto anche dalla parte della teologia morale tradizionale. La novità di quello che proponiamo non si trova nell'accettare la mera possibilità di mutazioni delle norme, invece piuttosto nel riconoscere da un lato la frequenza e la completa naturalezza dei cambiamenti, dall'altro lato il fatto che gli iniziatori immediati di questi cambiamenti (cioè le loro cause seconde) possono essere anche persone umane consapevoli di quello che fanno, le quali decidono prendendo in considerazione le date circostanze storiche, e così non dobbiamo sempre supporre qualche ispirazione interna divina o altri fattori miracolosi.

Vediamo prima la normalità, la naturalezza del cambiamento delle norme! Apparentemente la disarmonia nel rapporto tra le richieste ideali giusnaturalistiche e la realtà storica contraddice a quello che la Chiesa dice tradizionalmente sulla possibilità della conoscenza puramente razionale della legge naturale.[33] Ma in ultima analisi, su un livello più profondo, è proprio questa disarmonia che corrisponde all'antropologia autentica del cattolicesimo, essendo in armonia con la teoria della natura pura, se l'interpretiamo bene. Come è noto, una parte dei teologi pensa che lo stato attuale dell'uomo sia inferiore a quello della natura pura, mentre secondo moltissimi altri autori quest'ultima corrisponde praticamente allo stato nel quale siamo adesso, e l'effetto del peccato originale significa soltanto l'assenza dei doni preternaturali e del dono soprannaturale. Questa seconda interpretazione corrisponde meglio allo spirito di San Tommaso.[34] Ma - il che è forse ancora più importante - corrisponde meglio anche all'opinione quasi ufficiale della Chiesa: pensiamo alla condanna degli errori di Michele Baio nel 1567; fra questi c'è una tesi secondo la quale Dio non avrebbe potuto creare l'uomo nello stato in cui noi siamo attualmente, dopo la Caduta.[35] Così il Magistero dichiara indirettamente che il nostro stato attuale in sè corrisponderebbe alla natura per così dire 'normale' dell'uomo; non soltanto la iustitia originalis era un dono gratuito, ma anche la morte, la concupiscenza, la debolezza della ragione e della volontà umane ecc. sono caratteri completamente normali della natura umana,

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e la loro assenza originale era un regalo gratuito da parte del Creatore. Così il nostro stato normale è la disarmonia tra le richieste ideali della nostra propria natura e lo stato reale di quest'ultima, e per effetuare (almeno approssimativamente) la loro coincidenza abbiamo bisogno di sforzo, l'armonia non si realizza automaticamente, senza la nostra fatica, e non sarà mai perfetta. Anche la natura esterna (cioè la natura nel senso moderno quotidiano, l'insieme della biosfera e del mondo anorganico) è il nostro nemico, da sè ci produce "spine e cardi"[36] e dobbiamo 'umanizzarla' con un lavoro difficile ("con il sudore del nostro volto"[37]). Dal momento che nel mondo presente questa inimicizia della natura verso noi è la conseguenza della Caduta, cioè della perduta di doni gratuiti, possiamo dire per analogiam che lo stato normale della natura esterna è proprio questa inimicizia (o per meglio dire una indifferenza totale) verso i fini e i valori umani. Ebbene, se il mondo e l'uomo sono così e il loro stato normale è questa disarmonia, questa 'non-corrispondenza', allora è normale in sè anche il fatto che la conoscenza della legge naturale è per noi piuttosto un compito che una cosa data, ed è completamente comprensibile che dobbiamo conoscere la legge naturale al corso di un processo storico contradittorio, una evoluzione culturale.

Quanto alla possibilità di cambiamenti iniziati da autorità umane nel caso di precetti secondari, gli esempi soprammenzionati del Vecchio Testamento forse potrebbero essere interpretati come precedenti, tramite i quali la Rivelazione ci autorizza a fare delle dispense simili nel futuro. E anche nel Nuovo Testamento troviamo un caso simile. Pensiamo al Privilegium Paulinum. Anche qui vediamo la permissione del divorzio, nonostante la regola giusnaturalistica dell'indissolubilità del matrimonio. E anche qui si tratta di una regola l'autore immediato della quale è una 'causa seconda', la persona di San Paolo, che decide così a causa delle circostanze concreti dell'epoca e del luogo. Come se anche la Scrittura volesse darci un precedente storico di più (dopo quelli del Vecchio Testamento) per dimostrare che il legislatore umano può (anzi spesso deve) cambiare certi precetti secondari in caso di necessità. Tutto ciò può essere interpretato come una specie di autorizzazione biblica per cambiamenti ulteriori. L'Apostolo scrive i seguenti:

Agli sposati poi ordino, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito - e qualora si separi, rimanga senza sposarsi o si riconcili con il marito - e il marito non ripudi la moglie. Agli altri dico io, non il Signore: se un nostro fratello ha la moglie non credente e questa consente a rimanere con lui, non la ripudi; e una donna che abbia il marito non credente, se questi consente a rimanere con lei, non lo ripudi. [...] Ma se il non credente vuol separarsi, si separi.[38]

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Dal testo è chiaro che l'indissolubilità del matrimonio non è soltanto una regola giusnaturalistica (conoscibile con la ragione umana anche senza la Rivelazione), ma è confermata anche dalle parole del Signore, mentre, ciò nonostante, un'autorità umana, la persona dell'Apostolo è sufficiente per dare la dispensa da questa regola, basandosi sulla ponderazione delle circostanze concrete storiche; San Paolo stesso accentua che la dispensa viene da lui, non dal Signore.

È vero che il testo stesso è dalla Rivelazione, ma ciò non esclude che qui si tratti di qualcosa appartenente alle conoscenze umane naturali. Ci sono anche altri luoghi nella Sacra Scrittura - cioè nel testo rivelato, e da questo punto di vista soprannaturale - che si riferiscono a conoscenze in sè accessibili anche per la ragione umana: pensiamo ai testi ben conosciuti della lettera ai Romani sulla possibilità di conoscere Dio dalle creature e sulla legge scritta nel cuore, o al Decalogo stesso, ecc. Così è possibile che anche nel testo del Privilegio Paolino vediamo un esempio dell'applicazione di una regola giusnaturalistica generale, secondo la quale ci sono delle situazioni possibili che permettono all'autorità umana di dare una dispensa da un precetto secondario, fatta dopo la sua deliberazione propria.

In ultima analisi l'adozione di una tale flessibilità nell'applicazione dei precetti secondari sarebbe vantaggioso per la Chiesa. Renderebbe più facile il dialogo morale con il mondo non cattolico. Anche il cambiamento di certe dottrine morali finora sempre o quasi sempre ufficialmente accettati ma non infallibili diventerebbe più semplice in caso di necessità, perché potremmo affermare l'introduzione di una nuova norma invece di una vecchia senza dover dire che l'adozione di quest'ultima nel passato era un errore: ciascuna delle due regole è giusta all'epoca che le corrisponde. L'abbandono di una visione fissista, il riconoscimento del carattere storico della biosfera e del mondo anorganico era un processo lungo, pieno di conflitti deplorevoli sia all'interno della Chiesa, sia tra la Chiesa ed il mondo moderno. Se tiriamo le somme da questi, riconoscendo più facilmente la storicità anche nel caso degli affari umani, possiamo risparmiarci da molti nuovi conflitti superflui. ■

NOTE

[1] Vedi, per esempio: Hieronymus Noldin S. J.: Summa theologiae moralis I. De principiis theologiae moralis. Ratisbonae, Romae et Neo Eboraci, apud Fridericum Pustet. 1920. 135-136. (n. 113.); Evetovics, Kunó S.O. Cist.: Katolikus erkölcstan I-II. Budapest, Szent István Társulat, 1940. I. 79.; Dominicus M. Prümmer O.P.: Manuale theologiae moralis secundum principia S. Thomae Aquinatis, I-III. Friburgi Brisgoviae-Barcinone, Herder, 1955. I. 107. (n. 153.); Adolphus Tanquerey: Synopsis Theologiae Moralis et Pastoralis. Tomus II. Theologia Moralis Fundamentalis. De Virtutibus et praeceptis. Romae-Tornaci-Parisiis, Desclée et Socii, 1922. 135-136. (nn. 222-223.); Joannes Petrus Gury S. J.: Compendium Theologiae Moralis. Tomus primus. Romae-Taurini, Typis Civilitatis Catholicae - Petrus Marietti Hyac. F., 1866. 118-119. (n. 122.)

[2] Il caso del terzo comandamento è in parte eccezionale. Certi autori dicono che la prescrizione del culto di Dio in sè appartiene alla legge naturale, ma l'indicazione dei giorni concreti riservati per il culto è una norma della legge divina positiva. Si veda, per esempio: Prümmer op. cit. I. 107. (nota 29).

[3] Vedi, per esempio, Noldin op. cit. 136. (n. 113.); Prümmer op. cit. I. 107. (n. 158.), ecc. - Cf. San Tommaso d'Aquino: Summa Theologiae [d'ora in poi S. Th.], I-II. 100., 3.

[4] Cf. Jacques Maritain: La loi naturelle ou loi non écrite. Fribourg, Éditions Universitaires Fribourg Suisse, 1986. 120-123.

[5] Maritain (1986) op. cit. 123.

[6] Cf. per esempio Noldin op. cit. I. 137-138. (n. 114.); Prümmer op. cit. I. 110-111. (nn. 157-158.); Schütz, Antal: Katolikus erkölcstan. Budapest, Szent István Társulat, 1941. 3. (2. §. 1.); Evetovics op. cit. I. 80. Tanquerey op. cit. II. 140-141. (n. 231-233.)

[7] Vedi per esempio: Noldin op. cit. I. 139. (n. 116.); Evetovics op. cit. I. 81. Cf. Prümmer op. cit. I. 109. (n. 155.). - Cf. S. Th., Supplementum, 65., 2. e 67., 2-3.

[8] S. Th., Supplementum, q. 65., a. 2.

[9] Ibid.

[10] Ibid.

[11] S. Th., Supplementum, q. 67., a. 3.

[12] Maritain (1986) op. cit. 175-176.

[13] Ibid. 20-35., 183-200., 202.

[14] Ibid. 202.

[15] Herbert Spencer: Principles of Biology. London-Edinburgh, Williams and Norgate, 1864. Vol. 1., 444.

[16] Cf. Maritain (1986) op. cit. 193.

[17] Maritain (1986) op. cit. 169-170.

[18] S. Th., Supplementum, q. 67., a. 2.

[19] Maritain (1986) op. cit. 179.

[20] I casi dei veri miracoli e ispirazioni diretti divini, che secondo San Tommaso (S. Th., Supplementum, q. 67., a. 2.) possono dispensare anche da precetti primari, come nel caso di Abramo e Isacco, sono avvenimenti unici, isolati ed eccezionali e non causano un cambiamento durevole nel contenuto delle norme, così le scienze profane possono farne astrazione. (Se oggi, dopo Rahner, Weissmahr e molti altri autori cattolici simili possiamo dire che anche i miracoli succedono per causas secundas e così sono anche essi spiegabili con fattori completamente immanenti, dunque non sono più direttamente, più immediatamente divini degli avventimenti quotidiani e normali, ciò non esclude la loro eccezionalità e unicità.)

[21] Cf. S. Th., I-II., q. 94. a. 2.

[22] Cf. S. Th., Supplementum, q. 41., a. 2. (in particolare ad 1.)

[23] Ciò è valido anche in una comunità che non conosce la proprietà privata. Il divieto di furto può avere senso anche così, per esempio proibisce agli individui di nascondere una parte della preda dopo una caccia comune, o di servirsi dei prodotti della cooperazione senza partecipare a quest'ultima (cioè di commettere una 'defezione' nel senso usato nella teoria dei giochi).

[24] Naturalmente nel caso della specie umana esistono anche altri punti di vista. Di tutto quello, e in generale di tutta la morale sessuale si veda il mio articolo seguente: Zoltán Turgonyi: Per una teoria giusnaturalista della famiglia. Pázmány Law Review, II. (2014) 160-178. Però devo sottolineare che la mia opinione espressa in quest'articolo in parte è cambiata durante gli ultimi anni: non penso più che sia difendibile con argomenti giusnaturalisti la posizione secondo la quale l'unico metodo moralmente permesso della pianificazione familiare è quello detto 'naturale'.

[25] Del resto, secondo l'attuale insegnamento ufficiale della Chiesa è possibile che qualcuno ignora incolpevolmente il Dio personale. Cf. Lumen Gentium 16.

[26] Ma, come abbiamo visto, in certi casi possono già funzionare prima di essere conosciuti esplicitamente, tramite una riflessione cosciente: pensiamo per esempio a quello che abbiamo detto a proposito della Regola d'Oro che si base sull'altruismo reciproco!

[27] Non è per caso che MacIntyre prova a fondare la legge naturale basandosi proprio alle condizioni del dibattito morale, e arriva così alle regole che difendono la vita, la libertà e la proprietà dei partecipanti al discorso e proibiscono la menzogna e la manipolazione. Vedi Alasdair MacIntyre: Aquinas and the Extent of Moral Disagreement. In: A. MacIntyre: Ethics and Politics. Selected Essays. Vol. 2. New York, Cambridge University Press, 2006. 64-82.

[28] Cf. Turgonyi op. cit.

[29] Cf. Jacques Maritain: Neuf leçons sur les notions premières de la philosophie morale. Paris, Pierre Téqui, 1964. 54-55., 58.

[30] Maritain (1986) op. cit. 184-185.

[31] Cf. S. Th., II-II., q. 168. a. 2.

[32] Cf. il Catechismo della Chiesa Cattolica (nn. 1956 e 1958) e l'enciclica Veritatis Splendor (nn. 51-53).

[33] Vedi, per esempio: DS 2766, 3247, 3272, 3780-3781, 3956 ecc. (L'abbreviatura DS qui e nella nota 35 si riferisce ai numeri marginali del libro seguente: H. Denzinger - A. Schönmetzer: Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum. Barcinone-Friburgi Brisgoviae-Romae, Herder, MCMLXXVI)

[34] Cf. San Tommaso d'Aquino: II Sent., dist. 31., q. 1., a. 2., ad 3.

[35] DS 1955.

[36] Cf. Gen 3,18 (La versione italiana della Sacra Scrittura che ho usato nel mio articolo presente è quella che si trova sul sito ufficiale del Vaticano: http://www.vatican.va/archive/ITA0001/__PXK.HTM.)

[37] Cf. Gen 3,19.

[38] 1 Cor 7,10-13 e 15. (I corsivi sono i miei. - Z. T.)

Lábjegyzetek:

[1] L'autore è il ricercatore senior (Istituto di Filosofia del Centro di Ricerche delle Scienze Umanistiche dell'Accademia Ungherese delle Scienze).

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