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Gábor Hamza[1]: L' «optimus status civitatis» di Cicerone e la sua tradizione nel pensiero politico (JÁP, 2017/4., 3-14. o.)

l. Per quel che riguarda il giudizio sulla portata della teoria ciceroniana dello Stato, non c'é unitá di consensi (communis opinio) fra gli studiosi di scienza politica (political science). Lo stesso si riferisce alla presa di posizione di rappresentanti di scienza del diritto pubblico (ius publicum) o del diritto costituzionale. Secondo noi questo dissenso (dissensus opinionum) dipende in gran parte dal fatto che l'esame degli insegnamenti giuridico-politici contenuti nel Corpus Ciceronianum si limita di solito alla ripetizione di stereotipi. L'analisi delle opere piú importanti per lo studio della teoria dello Stato - pensiamo in particolare al de oratore, al orator, al de re publica, al de legibus e al de officiis - é caratterizzata il piú delle volte da un approccio filosofico, mentre l'aspetto storico e quello giuridico rimangono in secondo piano. La mikte politeia, cioé la forma di costituzione mista al centro della concezione ciceroniana, viene presa in considerazione generalmente solo superficialmente. E vi é un aspetto di fondamentale importanza che viene tralasciato.

Cicerone infatti nel de re publica - a differenza di Platone - va oltre la mera elaborazione di una teoria della Stato (res publica) su basi filosofiche, ma trova nella realta storica, economica e sociale di Roma, la sua citta (polis), la realizzazione concreta dell'optimus status civitatis, cioé la forma ideale di Stato da lui enunciata. Egli collega cosi ratio e res, creando l'unitá, l'armonia fra idea e storia. Il valore e l'importanza di tale idea non vengono influenzati minimamente dal fatto che Marcus Tullius Cicero sia senza dubbio un pensatore eclettico, non classificabile in alcuna scuola di pensiero. Anzi a nostro avviso é proprio questo a far si che la sua teoria della Stato eserciti un'influenza determinante sulla elaborazione del pensiero giuridico-politico dei secoli e addirittura dei millenni a venire.

2. Fondamento del pensiero giuridico-politico ciceroniano é l'ordine (ordo). Nel de oratore viene esaminato in che modo, attraverso quale educazione si diventi cittadino ideale dello Stato. Oggetto del de re publica, che secondo il noto filosofo, storico e sociologo tedesco Wilhelm Christian Ludwig Dilthey (1833-1911) é una delle piú belle prose della letteratura mondiale (Weltliteratur), é lo Stato ideale, l' optimus status rei publicae. Nel de officiis invece lo Stato viene considerato sinteticamente dal punto di vista etico. Pur articolata dunque su diversi piani, l'analisi ciceroniana della Stato prende il via dall'esame della forma di governo, non discostandosi da quella degli altri teorici dell'antichitá classica cioe

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quella greco-romana. In questo senso la teoría si collega inseparabilmente con la dottrina della forma di Stato, il che implica una notevole divergenza rispetto alla concezione moderna, la quale, dando per presupposta la democrazia parlamentare, attribuisce alla forma di Stato importanza secondaria.

Nella teoria ciceroniana i valori fondati sulla tradizione occupano un ruolo rilevante. A questo proposito la fondazione di Roma (Urbs), con funzione di legittimazione, acquista un'importanza fondamentale, come momento in cui gli elementi del divinum e dell'humanum si fondono in un tutto organico. Questo é infatti un elemento necessario per la teoria ciceroniana dello Stato, spiegabile anche attraverso il ricco vocabolario della vita politica romana: si pensi per esempio alle espressioni (nozioni) auctoritas, traditio, religio, lex, che sarebbero incomprensibili se non considerassimo anche quegli elementi mitici che rendono unica la fondazione di Roma (Urbs). Dionigi di Alicarnasso (60 a.C. ca.-7 a.C.) nella sua opera maggiore Rhomaiké archaiología (Antichitá romane) dell'anno 7 a.C. fa risalire la fondazione e l'ascesa di Roma (Urbs) a theiapronoia (divinaprovidentia) (5.54.1).

Hannah Arendt (1906-1975), a proposito dell'analisi delle basi ideologiche delle rivoluzioni dell'etá moderna, evidenzia l'importanza della fondazione di Roma nella teoria romana. L'idea di Urbs condita viene espressa in modo piú chiara nel concetto di res publica constituenda. L'essenza della ricostituzione della res publica, alla quale, prendono parte perfino alcuni elementi mitici, consiste nel ritorno all'antico spirito pubblico. Cio appare chiaro per esempio nelI'invito di diventare dictator rei publicae constituendae, rivolto dall' Africano al nipote nel Somnium Scipionis.

3. Riteniamo che la creazione del mito non vada confusa con una concezione astorica, in quanto per il suo ruolo se ne differenzia. I rappresentanti del diritto costituzionale moderno ben spesso coltivano la loro scienza in modo astorico: l'approccio evolutivo per molti di loro assume un ruolo secondario (anche se questo puó non risultare subito evidente), e la storia viene ridotta a una semplice serie di eventi. Ci sono molti autori per i quali il riferimento agli avvenimenti storici si trasforma in nient'altro che in un semplice trucco retorico. Cosi la storia si limita a svolgere una funzione illustrativa, non diventando parte integrante della teoria dello Stato.

Questo comunque non é un fenomeno moderno. Le tracce della concezione pseudostorica sono del resto dimostrabili anche negli scritti, nelle opere di Marcus Tullius Cicero, soprattutto nelle orazioni (orationes). Lo scopo di queste ultime infatti é to peithein, il convincere a ogni costo, che comprende il movere e il docere, per usare una terminologia latina. A ció si aggiunge la necessitá di attrarre l'attenzione del pubblico; é questo il delectare che accanto ai due aspetti sopra indicati completa il significato del peithein. Il piuttosto frequente riferirsi a esempi (exempla) storici di per sé solo non é indice di una concezione coerente della storia, in quanto la ricerca di tali esempi puo non andare oltre il semplice adattarsi al proverbio exempla trahunt.

4. La creazione del mito, o anche solo il tentativo di considerarne la funzione, differisce dunque dall'approccio astorico. In proposito forse non é fuori luogo

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ricordare l'ideologia liberale della seconda metà dell'Ottocento, che richiamandosi alla sovranita del popolo tento di formare un sistema statale, in un certo senso alla stessa stregua di Cicerone, che nel de re publica identifica la res publica con la res populi. Il gran giusromanista, civilista ed uomo di Stato, Vittorio Scialoja (1856-1933), con riferimento alle idee liberali, scrive che in quasi tutta l'Europa esse affermano la necessitá di una stretto rapporto fra Stato e cittadino. Il rapporto fra popolo e Stato - sempre secondo Scialoja - comincia a diventare piu stretto, e questo process o va rafforzato con tutti i mezzi legislativi a disposizione. Grazie a Cicerone lo Stato romano, o per meglio dire l' optimus status rei publicae, diventa un paradigma (anche) per l'ideologia politica liberale.

Roma, lo Stato romano, o in altre parole la costituzione romana, é mito, base di profezia anche in altri pensatori. Secondo John Adams (1735-1826), il secondo presidente degli Stati Uniti d'America (1797-1801) e l'autore degli scritti Defence of the Constitution and Government of the United States pubblicati in tre volumi nel 1787, che ebbe parte rilevante nell'elaborazione dell'ordine costituzionale degli Stati Uniti d'America, la costituzione romana (Roman constituition) é di importanza paradigmatica, perché diede vita al popolo piú nobile e alla maggior potenza mai esistiti nella storia dell'umanitá.

Secondo Louis Antoine Léon Saint-Just (1767-1794), l'autore dell'opera Esprit de la révolution et de la constitution de France pubblicata nel 1791 e uno dei principali ideologi della Rivoluzione francese borghese, il mondo si svuota dai romani in poi, e oggi (cioé nell'etá di Saint-Just) é presente il loro ricordo come unica profezia, annuncio, simbolo di libertá. Tuttavia la costituzione romana (constitution romaine) puo essere esempio per la teoria moderna della Stato non solamente in quanto creatrice del mito: la res publica poté assumere valore paradigmatico nell'antichitá classica cioe quella greco-romana, come nel periodo rinascimentale e nell'etá moderna, proprio grazie al ragionamento eclettico di Cicerone sulla filosofia, l'etica e la politica ("scienza politica").

5. Senza dubbio la teoria ciceroniana incorpora parecchi elementi giá presenti nelle opere di Platone e di Aristotele. La differenza piú importante fra le teorie platoniche e aristoteliche e le idee di Cicerone sullo Stato e sulla societá sta nel fatto che questi presume l'uguaglianza fondamentale di ogni uomo. Tale tesi ha due aspetti principali. Il grande uomo politico, giurista e filosofo romano parte dal presupposto che ognuno goda nella stessa misura della saggezza divina che regge il cosmo come legge eterna e inalterabile. Ogni uomo per natura ha la capacitá di riconoscere il giusto (iustum) e di operare secondo questa coscienza: si tratta di una concezione indubbiamente ottimistica, del tutto inaccettabile per Platone e in larga misura anche per Aristotele.

L'altro elemento dell'uguaglianza ciceroniana é che ogni uomo, indipendentemente dalla propria identitá etnica o condizione sociale, gode dello stesso ordinamento (sistema) giuridico (ordo iuris). Questa concezione contrasta con la teoria aristotelica dell'ordinamento degli schiavi e degli stranieri. L'uguaglianza si presenta anche nel rapporto fra l'uomo, per meglio dire il civis Romanus, e

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lo Stato, rapporto che il gran giuspubblicista, costituzionalista Georg Jellinek (1851-1911) definisce giustamente come segue: "Der Römer ist auch dem Staat gegenüber Person".[1]

Secondo Cicerone lo Stato ideale non é solamente un'unitá organica, uno Stato piccolo (polis), basato essenzialmente sull'autarchia e suddiviso secondo ordini, ma una comunita giuridica di misura cosmica, che comprende ogni uomo.

6. Nondimeno é possibile constatare come anche le dottrine di Dicearco di Messina (355 a.C. circa-285 a.C. circa), Panezio di Rodi (185 a.C. circa-109 a.C.circa.) e Polibio (200 a.C. circa-118 a.C. circa) hanna avuto notevole influenza sulla teoria ciceroniana. Infatti la mikte politeia, l'idea della costituzione mista, possiede radici elleniche ed ellenistiche, anche se ancora si discute sulla portata di questa influenza. É fuori discussione che la teoria ciceroniana dell o Stato concepita in prospettiva organico-biologica abbia carattere sintetico.

Il peripatetico Dicearco di Messina illustra una tesi analoga con riferimento alla Grecia, mentre Polibio nel sesto libro delle Storie trova applicabile tale concetto in un contesto statico mondiale. Il carattere di sintesi sopra accennato é rintracciabile anche in Polibio, quando afferma che gli elementi democratici, aristocratici e monarchici che compongono la mikte politeia si limitano e si suppongono a vicenda. La miktepoliteia, come accenna Horst Braunert (1922-1976)[2], si realizzo almeno in parte anche degli Stati ellenistici, quindi non esclusivamente a Roma.

L'elemento democratico é rappresentato delle poleis, situate su territorio di sovranitá dello Stato e caratterizzate da una certa autonomia, l'elemento aristocratico invece, in Egitto, é costituito dai cosiddetti philoi, gli amici del re, e dai sacerdoti. Non ci pare da escludere del resto che nell'elaborare la costituzione mista romana l' Arpinate abbia preso in considerazione anche eventi storici al di fuori di Roma, non limitandosi quindi alla sola teoria astratta dei suoi precursori intellettuali.

7. Per Cicerone é di importanza straordinaria anzi centrale la concordia ordinum, cioé l'accordo fra senato e ordo equester, che é presupposto del consensus Italiae, data che senza di esso non puo esistere la pace sociale. Il suo ragionamento politico non é caratterizzato da concetti astratti, ma risulta in stretto rapporto con la realtá dell'epoca storica concreta. Infatti la mikte politeia non é l'unica condizione per lo Stato ideale: per realizzarlo é necessaria.anche l'armonia fra determinati gruppi sociali. L'esigenza della concordia ordinum, secondo noi, rispecchia l'idea di integrazione fra ratio e res, fra idea e realtá sociale. La concordia ordinum poi viene completata dal consensus omnium bonorum, che presuppone il consenso degli homines tenues, ossia i normali cittadini, in armonia con la ricordata esigenza dell'uguaglianza.

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Quest'ultimo é un elemento da non sottovalutare nel processo di trasformazione della res publica in res populi (de rep.1.25.39): la concordia ordinum e il consensus omnium bonorum garantiscono la possibilità di modificare la costituzione romana, ammesso che vi sia il consenso fra le parti. In proposito ricordiamo come fu proprio sul ritenere essenziale la flessibilitá della costituzione che si formo il maggior consenso fra Thomas Jefferson (1743-1825) e James Madison (1751-1836), coeditore di Federalist Papers, fondatore del Partito Repubblicano nel 1792 e il quarto presidente degli Stati Uniti d'America (1809-1817)[3].

Come si sa Thomas Jefferson, l'autore della Declarazione di Indipendenza (Declaration of Independence) del 1776 e il terzo presidente degli Stati Uniti d'America, ebbe un ruolo rilevante nell'elaborazione del sistema costituzionale degli Stati Uniti d'America come l'osserva tra l'altro Koch nella sua monografia ben nota.[4] L'idea della concordia ordinum e del consensus omnium bonorum si riflette secondo noi anche negli Kentucky Resolutions progettati da lui.

James Madison sottolinea la necessitá del consenso per quel che riguarda gli Stati della federazione (Federal States) in relazione alla Federezione (Federation). Questa idea viene esplicitamente espressa nelle Resoluzioni di Virginia (Virginia Resolutions) del 1798. Madison dichiara nel suo Report of 1800 come atti che violano la Costituzione degli Stati Uniti d'America gli Alien and Sedition Acts perche in questi manca il necessario consenso da parte degli Stati federali.

8. L'idea dell'uguaglianza di ogni uomo vale da fondamento morale dell'espansione romana, che quindi non viene giustificata soltanto con l'affermazione di tipo apologetico ut populi Romani res meliores amplioresque facerent. Nella teoria ciceroniana lo Stato si lega strettamente alla societa anche per il fatto che, come afferma il console dell' anno 63 a.C., la famiglia é quasi seminarium rei publicae (off. 1.54). In tal modo egli sottolinea che lo Stato é costruito dalle famiglie, le quali diventando gens stanno alla base del suo sviluppo. La famiglia ha un ruolo rilevante anche nei rapporti di proprietá, poiché essa é l'unita base dell'economia.

Il motivo che determina il divenire della Stato é protezione della proprietá, esercitata proprio dalIa famiglia intesa come comunitá: la proprietá é la forza unificatrice dello Stato (off. 2.73). Si puo dire senza esagerazione che la teoria ciceroniana si accosta qui alle idee di John Locke (1632-1704), di autore dei Two Treatises of Government pubblicati nel 1690, per il quale del pari la difesa della proprietá, della property, é uno dei compiti principali dello Stato.

9. Un altro elemento essenziale della teoria ciceroniana dello Stato é il iuris consensus, colonna portante della res publica ideale. Per ius viene inteso non solo il diritto positivo (ius positivum), ma il suo concetto viene esteso fino a comprendere il ius naturae o il ius naturale e, in ragione di questo, la giustizia. Marcus Tullius Cicero ne sviluppa inoltre il concetto di multigradualita del diritto, giá

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esposto da Piatone, in quanto il ius accanto alla lex positiva incorpora anche la lex naturalis o lex naturae e la lex aeterna. La sua dottrina del ius naturae di ispirazione stoica costituisce la base - per usare termini moderni - della limitazione del potere legislativo, che si manifesta nel rapporto con i cittadini e influenza fortemente il diritto naturale dell'etá moderna, la cui portata é stata ristretta nell'Ottocento e nella prima meta del secolo scorso dal positivismo giuridico.

Accanto al consensus iuris é presente la communio utilitatis, che - lo si puo affermare senza necessitá di studi approfonditi - scaturisce dalle motivazioni economiche dei diversi ceti e strati sociali nell'ambito della convivenza statale. Tale communio utilitatis attiene alla necessitá di considerare la realtá sociale, caratteristica della teoria ciceroniana dello Stato, diventando nel contempo manifestazione della natura delle cose.

10. Nel medioevo lo status rei publicae ciceroniano viene sostituito dallo status imperii o status regni, e lamutata terminologia comporta un cambiamento sostanziale. La res publica ciceroniana infatti non corrisponde all'imperium o al regnum. Non si tratta qui solamente di un cambiamento terminologico nell'ambito della teorfia sulla forma di Stato perché i concetti di imperium e regnum indubbiamente esprimono rapporti di natura gerarchica, all'interno dei quali gli elementi costitutivi dell' optimus status rei publicae non possono che rivestire un ruola secondario.

Non si puo attribuire solo al caso che la popolaritá di Cicerone ne raggiunga l'apice nel Settecento, l'epoca in cui, per fare un solo esempio, l'opera in due volumi di Conyers Middleton The History of the Life of Marcus Tullius Cicero diventa un vero best-seller.[5] Egli é conosciuto e apprezzato da Voltaire, Montesquieu[6], Diderot, Rousseau - che lo definisce il principe dell'eloquenza - e anche da filosofi, uomini di Stato, oratori, scrittori e storici inglesi, quali Samuel Johnson (1709-1784), David Hume (1711-1776), Adam Smith (1723-1790)[7], Edmund Burke (1729-1797), Charles James Fox (1749-1806), Richard Brinsley Sheridan (17511816) e William Pitt (1759-1806).

11. Il Cicerone politico e filosofo della societá peraltro aveva influito prima sulla sviluppo della filosofia sociale: ne sono attratti Jean Bodin (1529/30-1596), Hugo Grotius /de Groot/ (1583-1645) e James Harrington (1611-1677), l'autore di Commonwealth of Oceana[8] e lo stesso Thomas Hobbes (1588-1679). I discepoli di Harrington, John Neville e Algernon Sidney (1622-1683) citano frequentemente le opere del console dell'anno 63. Pero l'influenza di Cicerone in quest'epoca é riconoscibile soprattutto in John Locke, il quale lo valuta superiore agli altri, ponendolo fra i "truly great men". Possiamo considerare il Settecento come il

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,secolo di Cicerone', in quanto gli autori della costituzione degli Stati Uniti d'America (United States of America), al pari dei rivoluzionari francesi un decennio piú tardi, si sentivano i discendenti della repubblica romana - e in cio risulta chiaro il ruolo fondamentale svolto dalla forma di governo -, cercando arpeggio ideologico presso l'eccellente statista, il pater patriae che della sua vasta opera si era prefisso l'elaborazione di un nuovo ordine.

La sua teoria dello Stato attira stranamente sia i pensatori conservatori sia quelli progressisti. Edmund Burke (1729-1797)[9] trae spunto dall'opera ciceroniana al pari di Louis Antoine de Saint-Just (1767-1794). Nell'universo intellettuale dell'Arpinate i conservatori apprezzano il ritorno alle tradizioni, mentre i progressisti sottolineano il rifiuto assoluto dell'autocrazia. La teoria dello Stato é senza dubbio aperta a una certa interpretatio multiplex, data che in essa sono presenti in pari misura l'idea repubblicana, l'annuncio della libertas, il rifiuto della tirannia, la mikte politeia, l'inviolabilità della proprietá privata, l'uguaglianza politica, giuridica e sociale, l'idea un po' vaga della nobiltá di natura, lo scetticismo epistemologico e quello religioso e illuminato. L'assortimento fra cui scegliere é dunque abbastanza ampio.

12. Il giudizio su Cicerone filosofo puo essere negativo, dato che lo si puo accusare di ecletticismo o di mediocritá. Nonostante cio sembra esagerata l'affermazione di Karl Marx - si proprio di Marx da giovane[10] - che Cicerone si intendeva ben poco di filosofia, o comunque quanto il presidente degli Stati Uniti d' America. Mettendo da parte tale giudizio, ricordiamo che Marx conosceva bene, o almeno maneggiava, il de re publica, il de legibus, e il de officiis. Il motivo della sua severitá evidentemente sta nel fatto che Cicerone non credeva all'uguaglianza aritmetica, non lotto contra la schiavitú quale figlio della sua epoca disprezzo il lavoro fisico, e riguardo le questioni economiche condivise le idee del precapitalismo agrario.

Fra i giudizi negativi ha, o meglio, ha avuto un ruolo dominante l'opinione del Wilhelm Drumann (1786-1861) e soprattutto del Theodor Mommsen (1817-1903). Mommsen vedendo in Giulio Cesare l'uomo di State ideale, poneva di conseguenza Cicerone su di un gradino piu basso, considerandolo un politico di second'ordine[11]. Non possiamo peraltro non ricordarne la riabilitazione legata in gran parte a Thadeusz Stefan Zielinski (1859-1944) e al suo lavoro Cicero im Wandel der Jahrhunderte.[12]

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13. Ha bisogno di riabilitazione anche Cicerone filosofo dello Stato, visto che Sir Frederick Pollock (1845-1937) nel suo libro Introduction to the History of the Science of Politics[13] scrive: "Nobody that I know of has yet succeeded in discovering a new idea in the whole of Cicero's philosophical and semiphilosophical writings". Sulla scia del Pollock é anche Mulford Q. Sibley (1912-1989) che nel suo lavoro intitolato Political Ideas and Ideologies: A History of Political Thought[14] scrive: "Cicero was neither an original nor a particularly profound social and political thinker".

Tale riabilitazione é giustificabile non solo con il fatto che il suo pensiero ebbe una forte influenza su coloro che elaborarono le costituzioni moderne sia nel continente europeo sia nelle colonie britanniche del Nordamerica, e quindi degli Stati Uniti d'America, ma anche perché senza dubbio fu Cicerone il primo pensatore dell'antichitá classica capace di definire in modo sintetico la relazione (le relazioni) tra Stato e societá. Fu il primo a distinguere lo Stato dall'atto del governare e a prestare seria nonché approfondita attenzione agli elementi di economia politica nell'attivitá governativa, come alle questioni del credito, della tassazione, della remissione dei debiti, della riforma agraria, della distribuzione del grano e della colonizzazione agraria.

14. Cicerone analizzó per primo nel loro insieme gli elementi economici, politici e morali della Stato costituzionale - la stessa parola 'costituzione', come ricorda Georg Jellinek, deriva dall' espressione ciceroniana rem publicam constituere. Simile modo di vedere era estraneo sia a Platone sia ad Aristotele. Il ruolo economico dello Stato ha costituito oggetto di esame solo ben millecinquecento anni dopo ad opera di Jean Bodin, seguito da John Locke.

Marcus Tullius Cicero, che rinuncia interamente a una visione "atomizzante" dello Stato (libera res publica), é il pensatore dalla cultura universale[15] che per primo scopre lo Stato e ne interpreta la costituzione cioé il sistema costituzionale in modo ampio e dettagliato, tramite un'analisi sintetica degli elementi storici, giuridici, etici e, non da ultimo, psicologici.

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JEGYZETEK

[1] G. Jellinek, Allgemeine Staatslehre, Heidelberg, 1914, p. 314.

[2] H. Braunert, Politik, Recht und Gesellschaft in der griechisch-römischen Antike. Gesammelte Aufsätze und Reden, Stuttgart, 1980.

[3] Cf. A. E. Dick Howard, James Madison and the Constitution, The Wilson Quarterly Summer, 1985.

[4] A. Koch, Jefferson and Madison. The Great Collaboration, New York, 1964.

[5] Quest'opera di Middleton é stata pubblicata a Londra nel 1741.

[6] Montesquieu é autore di una piccola opera di sei pagine su Cicerone (Discours sur Cicéron). Cf. M. Lakebrink: Montesquieus Cicero-Rezeption (Diss. Freiburg 1966), Würzburg, 1967.

[7] Qui menziamo che nella opera An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations di Adam Smith tra gli autori antichi viene citato Cicerone in modo piú frequente.

[8] L'opera di Harrington e stata pubblicata a Londra nel 1656.

[9] Sulla filosofia politica di Burke cf. L.B.T. Wilkins, The Problem of Burke's Political Philosophy, Oxford, 1967.

[10] Si tratta del lavoro di prestudi della dissertazione di dottorato sulla differenza della filosofia naturale di Democrito e quella di Epicuro di Marx difesa presso la Facoltá di Lettere dell'Universita di Jena il 6 aprile 1841.

[11] Mommsen idealizzava nella storia romana Giulio Cesare come uomo di Stato (princeps optimus civitatis). Secondo Mommsen Cesare era il tipo ideale dell'uomo di Stato anche per il l'Ottocento. Cf. A. Heuß, Theodor Mommsen und das 19. Jahrhundert, Kiel, 1956 e K. Christ, Theodor Mommsen und die Römische Geschichte, München, 1976.

[12] La prima edizione di questa opera di Zielinski é stata pubblicata nel 1897.

[13] Questa opera di Pollock é stata pubblicata nel 1890.

[14] Sibley ha pubblicato questa sua opera fondamentale nel 1970.

[15] Erasmo di Rotterdam scrive della "pectoris eruditi sanctimonia" di Cicerone. Cf. M. J. Chomarat, Sur Érasme et Cicéron, in: Présence de Cicéron. Hommages à R. P. M. Testard, Paris, 1984, 117 pp.

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[1] A szerző egyetemi tanár, ELTE Állam- és Jogtudományi Kar.

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