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András Földi[1]: Appunti sulla categoria dei quasi-delitti (Acta ELTE, tom. XXXVII, ann. 1999/2000, 9-26. o.)

1. È ben noto che il giurista è quasi necessariamente vincolato dai concetti del diritto positivo. Comunque parecchi giuristi inclinano a riguardare i concetti giuridici come assiomi, dimenticandosi il fatto evidente che anche i concetti giuridici sono prodotti umani, creature storiche, quindi l'evoluzione di essi è talvolta accompagnata da fraintendimenti ed errori.[1] Se il giurista rinuncia alla valutazione critica sia del diritto positivo sia della dottrina,[2] diviene necessariamente «prigioniero» dei concetti giuridici, i quali sono notoriamente «dei cattivi padroni».[3] Per illustrare tale problema si offre quale un esempio caratteristico la storia della categoria dei quasi-delitti.

Rispetto ai codici civili in vigore si può constatare che in grande parte di essi non si trovano gli equivalenti del termine «quasi-delitto»,[4] d'altro canto invece vi sono parecchi codici civili, innanzitutto il Code civil francese, inoltre molti altri codici che mostrano l'influenza del codice francese, in cui tale termine romanistico si riscontra ancora oggi.[5] Questo fatto potrebbe riempire i romanisti di letizia, se il significato attuale del nostro termine quadrasse pi ù o meno a quello delle obligations quae quasi

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ex delicto (maleficio) nascuntur di diritto romano. Ma la metamorfosi avvenuta molti secoli fa, in conseguenza della quale il quasi-delitto viene inteso nella moderna terminologia civilistica come 'illecito colposo' e in questo senso viene messo in contrasto col delitto inteso come 'illecito doloso'[6] dà luogo piuttosto a dubbi che a gioia. Per poter comprendere le cause e la portata di tale metamorfosi semantica dobbiamo riassumere la storia della categoria dei quasi-delitti a partire sin dagli inizi.

2. La genesi della categoria dei quasi-delitti è tutt'altro che ben nota. Le fonti romane che trattano i quasi-delitti come tali sono pochissime ed inoltre sono sospettate d'interpolazione. Se ammettiamo che l'autore dell'opera conosciuta sotto il titolo Res cottidianae sive Aurea fosse stato, come ne viene attribuito, Gaio, le radici del concetto dei quasi-delitti possono esser fatte risalire nel diritto classico, in quanto l'espressione quasi ex maleficio teneri, per quanto le fonti tramandate ci permettono tale conclusione, sembra presentarsi per la prima volta in quest'opera (vedi Gai. 3 aur. D. 44, 7, 5, 4 ss.).[7] È anche prima facie evidente che le quattro[8] ipotesi trattate nel passo gaiano (o pseudogaiano) - cioè la responsabilità del index qui litem suam fecit, quella de deiectis et effusis e de posilo et suspenso ed infine la responsabilità degli exercitores navis cauponae stabuli[9] per furti e danneggiamenti commessi dai membri di loro personale -

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e caratterizzate nel testo con l'espressione sopra citata, divergono tra loro significativamente. Il testo non accenna ad un comune criterio positivo di tali fattispecie. Per giustificare il carattere delle varie fattispecie descritto con l'espressione quasi ex maleficio teneri vengono accentuati criteri diversi: (1) dal iudex viene accentuato, oltre alla mancanza del rapporto contrattuale, la sussistenza di qualche colpa (utique peccasse aliquid intellegitur, licet per imprudentiam, vedi D. 44, 7, 5, 4), (2) dall' habitator la mancanza tipica di colpa propria e la sussistenza tipica di colpa altrui (quia plerumque ob alterius culpam tenetur, vedi eod. 5, 5), (3) infine dall' exercitor navis ecc. accanto alla irrilevanza del rapporto contrattuale viene accentuata la sussistenza di qualche culpa in eligendo (aliquatenus culpae reus est, quod opera malorum hominum uteretur, vedi eod. 5, 6).

Va generalmente ammesso[10] che l'espressione quasi ex malefìcio teneri, usata nelle Res cottidianae occasionalmente e comunque non ancora nel senso tecnico, era quella radice, dalla quale sviluppavasi, al pi ù tardi nel diritto giustinianeo, il termine tecnico obligationes quae quasi ex delieto nascuntur.[11] Questo fenomeno attesta non solo lo sviluppo del linguaggio - e del pensiero - giuridico nell'età postclassica:[12] si tratta anche dell'emersione di un'importante unità dogmatica nel sistema delle Istituzioni giustinianee, la quale funziona come «eponimo» del titolo 5 del libro IV.[13] Se consideriamo inoltre il fatto - lasciato talvolta fuori considerazione nella letteratura specifica - che già nella Parafrasi delle Istituzioni di Teofilo si trova l'espressione semplificata quasi délicton (così come anche il termine quasi cóntracton), si può concludere che l'uso di tale categoria dogmatica non fosse stato lontano dal linguaggio usato nella prassi.[14] D'altro canto si può constatare che tale espressione neologica serve, anche se non si tratti di una derivazione, d'antecedente del termine quasi delictum

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diffuso nella letteratura giuridica europea dal tempo dei Glossatori.[15] Ma nonostante la nascita di tale categoria dogmatica, nemmeno nelle Istituzioni giustinianee si trova men -zionato un accenno ad un criterio positivo quale comune fondamento dogma tico delle varie fattispecie annoverate tra le obligationes quae quasi ex delieto nascuntur. Il criterio rimane negativo: la persona resa responsabile «non proprie ex malefìcio obligatus videtur» ecc.

3. Nella letteratura romanistica è assai discusso il problema, se esista affatto un positivo criterio comune dei quasi-delitti, e qualora tale esista, che cosa lo sia. Questa discussione si connette strettamente con un'altra discussione, la quale si aggira sulla questione, quando e in base a quale principio sia stata creata la categoria dei quasi -delitti. Si può notare che la posizione presa nella prima discussione di carattere dogmatico non sta in correlazione necessaria con la posizione presa nella seconda discussione di carettere storico.

Tra i romanisti che negano l'esistenza di qualsiasi positivo criterio comune dei quasi-delitti, Stojcevic attribuisce anche lo stesso raggruppamento delle fattispecie qualificate come quasi-delitti - cioè non solo la creazione della categoria astratta delle obligationes quasi ex delieto - al diritto giustinianeo.[16] Wolodkiewicz ritiene invece che Gaio, almeno al livello delle espressioni quasi ex contractu/malefìcio teneri usate nelle Res cottidianae, avesse già conosciuto il concetto dei quasi-contratti e dei quasi-delitti.[17] Anche Pugliese nega l'esistenza di un fondamento comune ma, in contrasto alle opinioni riferite sopra, il romanista italiano ammette un'evoluzione graduale sin dalla prima età postclassica.[18]

Per quel che riguarda i romanisti che ten tano di trovare qualche comune fondamento dogmatico dei quasi-delitti, sono state esposte molte e molto diverse teorie su tale fondamento comune. Alcuni studiosi autorevoli come Arangio-Ruiz e Volterra ritengono che l'espressione quasi ex malefìcio teneri dovesse attestare il fatto che lc fattispecie caretterizzate in questo modo non fossero state riguardate obligationes nel diritto classico, conseguentemente l'elemento comune dei quasi-delitti fosse stato

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costituito dalla loro origine pretoria.[19] Si può invece opporre che v'erano parecchi delitti pretori come rapina, metus, dolus malus ecc. che non hanno nulla a che fare con i quasi-delitti.[20]

Secondo un'altra teoria la nascita della categoria dei quasi-delitti può esser fatta risalire all'intenzione dei giuristi bizantini di creare costruzioni simmetriche, e specificamente alla preferenza del numero quattro, osservabile nelle Istituzioni giustinianee.[21] Per quanto concerne quest'ipotesi, possiamo aderire alla critica di Stojcevic, secondo il quale ammettere che i giuristi bizantini avessero preferito tali motivi formali anziché criteri logici sarebbe plausibile soltanto in mancanza di una spiegazione migliore.[22]

Anche Albertario parte dalla supposizione che la categoria dei quasi-delitti sia stata creata dai giuristi bizantini. A suo avviso il termine delictum divenne nel diritto postclassico sinonimo dell'illecito doloso, mentre gli illeciti colposi venivano qualificati quasi delicta. In base ad un passo dei Basilici (B. 60, 11, 1) Albertario ritiene addirittura che nel diritto bizantino - cioè dopo l'età giustinianea - il damnum iniuria datum passava nella categoria dei quasi-delitti.[23] Contro questa tesi si può riferire non soltanto al carattere delittuoso del damnum iniuria datum e della provocazione colposa d'incendio verificabile ancora nel diritto giustinianeo, ma anche alla irrilevanza della colpa propria dell'habitator, la quale risulta chiaramente anche dalle Istituzioni giustinianee.[24] È inoltre assai dubbioso se tutta la materia dovesse attribuirsi all'interpolazione.[25]

Vi sono innegabilmente alcuni cenni che lasciano supporre che i giuristi giustinianei dal loro canto avessero visto l'essenza dei quasi-delitti nella colpa propria della persona resa responsabile.[26] Ma non è verosimile che la radice comune dei quasi-delitti fosse stata la colpa: anzi, secondo un'opinione largamente diffusa nella letteratura recente, il

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comune fondamento dogmatico dei quasi-delitti fosse stato costituito appunto dalla responsabilità oggettiva. Nel quadro di questo filone si trova da un canto studiosi eh e ammettono l'origine classica dei quasi-delitti,[27] d'altro canto si trova anche studiosi i quali attribuiscono la creazione dei quasi-delitti ai giuristi bizantini.[28]

Va affermato giustamente che i riferimenti alla culpa nei testi relativi alla responsabilità dell' habitator nonché dell' exercitor non devono essere considerati come cenni di una vera e propria responsabilità per colpa, ed anche dove la culpa viene menzionata come criterio di responsabilità, essa era incontestabilmente presunta.[29] Ma è assai dubbioso se nel caso del iudex possa verificarsi una responsabilità oggettiva[30] ed è ancora più dubbioso se la mancanza di culpa avesse potuto avere la funzione di una differentia specifica di questo gruppo delle fattispecie nel pensiero dei giuristi romani. Si potrebbe aderire piuttosto alla critica di Nörr, secondo il quale tale opinione non riflette la concezione romana dei quasi-delitti, anche se si possa accettarla come una valutazione ragionevole dello studioso moderno.[31]

Un'altra teoria, diffusa in particolare nella letteratura meno recente, ammette che l'elemento comune dei quasi-delitti fosse stato costituito dalla responsabilità per fatto altrui.[32] Uno dei primi rappresentanti di questo filone era Azzone, il quale sollev ò anche la questione, perché i Romani non avessero qualificato come quasi-delitto la nossalità La causa la trovò nel fatto che nel cerchio dei quasi-delitti uno deve rispondere per delitto di una persona indeterminata, mentre nelle azioni nossali si risponde per il delitto di una persona determinata.[33]

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Per questo filone significa certamente un problema difficile la fattispecie iudex qui litem suam fecit, in quanto la responsabilità del giudice si fonda su fatto proprio. A fine di eliminare questa contraddizione alcuni studiosi divisero i quasi -delitti in due gruppi, distinguendo la responsabilità del giudice e le fattispecie della responsabilità per fatto altrui. Questa soluzione si presentava ormai da Piacentino, il quale, in relazione alla responsabilità del iudex, accentuò il fatto che essa si estendeva anche all' imprudentia, mentre sulle altre fattispecie scrisse come segue: «item is quasi delinquit, qui aliquatenus culpae reus est, ex eo quod alius vere delinquit».[34] Un'interpretazione simile venne esposta nell'Ottocento da pernice, il quale riteneva che Gaio avesse alluso mediante la locuzione quasi ex maleficio in una parte delle fattispecie alla responsabilità senza colpa, in altre fattispecie invece alla responsabilità per colpa altrui.[35] Il problema viene similmente impostato nella letteratura recente da serrao, il quale mise in evidenza il fatto che per le ipotesi dei quasi-delitti, tranne la responsabilità del iudex, si usava nelle fonti l'espressione quasi ex delieto (maleficio) teneri appunto perché non la persona resa responsabile era quello che ha commesso il fatto illecito.[36] Comunque dobbiamo affermare che queste concezioni rinunciano a postulare un criterio unitario dei quasi-delitti.

Un'altra soluzione era proposta dal grande dogmatico della Scuola umanistica, da DONELLO, il quale escludeva la responsabilità del iudex dal novero dei quasi-delitti, riguardandola un delitto vero e proprio.[37] Si deve aggiungere invece che Donello non riguardava tutti i quasi-delitti come fattispecie della responsabilità per delitto altrui. Questo studioso impostò una diversa bipartizione dei quasi-delitti (rimasti dopo l'esclusione della responsabilità del giudice), di quanto era fatta dagli studiosi menzionati sopra, distinguendo l'ipotesi di mera provocazione di pericolo (quale si verifica nella responsabilità de posilo et suspenso) e, dall'altra parte, l'ipotesi della responsabilità per delitto altrui: «Horum factorum, quae quasi malcficia appellamus, duo genera sunt: unum, cum quis quid fecit, quo facto nemini nocuit ... alteram, cum quid factum est, quo nocitum est alteri, sed ab alio, quam ab eo, qui ex hac caussa convenitur, ubi eius qui convenitur, solum coercetur negligentia, aut quid negligentiae proximum.»[38]

Una terza soluzione è proposta da Buckland che riguardava tutti i quasi-delitti come fattispecie della responsabilità per fatto altrui (vicarious liability). Per poter applicare tale concezione anche alla responsabilità del iudex, buckland offre una soluzione sorprendente (e poco plausibile), scrivendo che the me thod of treatment is to

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make him [cioè il iudex - A. F.] responsible for someone else, who has benefited by his wrongdoing».[39]

4. Mi pare che i quasi-delitti, prescindendo dalla responsabilità del iudex, possono essere davvero riguardati, in linea di massima, come fattispecie della responsabilità per fatto altrui. Prima di tentare di dimostrare questa tesi mi sembra utile premettere una breve impostazione dogmatica del problema.

Per «responsabilità per fatto altrui» intendo - sia riguardo al diritto privato romano che al diritto civile moderno - le fattispecie in cui uno risponde per il comportamento di un'altra persona capace di colpa, con la quale egli ha un rapporto giuridicamente rilevante.[40] Una tale responsabilità si verifica anche nelle relazioni contrattuali, quando il debitore risponde per i suoi ausiliari[41] o per altre persone determinate,[42] non invece nel cerchio della oggettiva responsabilità per custodia, quando il debitore risponde tra l'altro per furto commesso da chiunque.[43] Nelle relazioni contrattuali il debitore risponde spesso ex contractu per i delitti commessi da altri, ma in questi casi la responsabilità contrattuale copre, per dire così, la responsabilità per delitto altrui. Di una vera e propria responsabilità per delitto altrui non si può parlare nemmeno riguardo alla ed. responsabilità nossale, in quanto il padrone era alternativamente tenuto a pagare la litis aestimatio (cioè non si trattava di una poena)[44] o abbandonare il delinquente all'offeso. Con una vera e propria responsabilità per delitto altrui, quale viene regolata - mutatis mutandis - nell'art. 2049 del Codice civile italiano del 1942,[45] contrastava nel diritto romano il principio della responsabilitf personale per i delitti,[46] secondo il

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quale il iuris vinculum doveva gravare normalmente addosso al delinquente stesso. Nel diritto romano vi sono soltanto pochissime eccezioni a questo principio. Tali regole eccezionali si verificano nella speciale responsabilità edittale dell'habitator, degli exercitores ed infine dei publicani.[47]

5. Per quanto concerne la responsabilità dell' habitator, secondo la testimonianza delle fonti i giuristi romani riguardavano questa fattispecie in sostanza come quella della responsabilità per colpa altrui.[48] Anche se non fosse stato necessario la sussistenza di un rapporto preesistente tra il perpetratore e l'habitator per fondare la responsabilità di quest'ultimo, è ovvio che nel caso tipico previsto dalla regolamentazione tale rapporto infatti sussisteva, perché la deiectio o Veffusio venivano effettuate normalmente da persone sotto il controllo del l'habitator.[49]

A mio avviso anche la clausola edittale de posilo et suspenso previde, in linea di massima, una responsabilità per fatto altrui. Questo provvedimento impose la responsabilità alla persona, la quale «positum habeat».[50] Ulpiano osserva nel suo commento che positum habuisse non utique videtur, qui posuit, nisi vei dominus fuit

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aedium vei inhabitator...[51] II «positum habens» rispondeva dunque, in linea di principio, per un altro qui posuit. Anche in questo rispetto si può ammettere che nella maggioranza dei casi sussisteva infatti un rapporto giuridico tra il «positum habens» e la persona qui posuit.

Per quanto riguarda gli exercitores, la loro responsabilità per i delitti commessi dai membri del loro personale si fondava nel diritto classico sul principio della sopportazione del rischio,[52] mentre nel diritto postclassico sulla loro (presunta) culpa in eligendo.[53] Si può parlare in ambedue epoche di una vera e propria responsabilità per fatto altrui, in quanto l'imprenditore rispondeva per il delitto commesso da una persona con la quale aveva ormai prima un rapporto giuridico, mentre per persone estranee non rispondeva che ex recepto. È noto che questa regolamentazione costituisce il germe della moderna responsabilità per i delitti commessi dagli impiegati.[54]

Una vera e propria responsabilità per delitti commessi dagli impiegati può verificarsi anche nella responsabilità edittale dei pubblicani. Com'è noto, in corso dell'applicazione dell'editto Quod publicanus vi ademerit la giurisprudenza interpretava largamente il concetto della familia includendone anche gli impiegati liberi e gli schiavi altrui, rispetto ai quali la noxae deditio non era possibile.[55]

La peculiarità della regolamentazione di queste ipotesi viene costituita dal fenomeno che contro la persona resa responsabile si poteva intentare un' actio poenalis, come se questi avesse commesso l'illecito. In questo rispetto si presentano alcuni problemi dogmatici. Circa la responsabilità dell'habitator è dubbioso, se si tratti affatto di delitto.

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La deiectio o Yeffusio quale causava la morte o la lesione di uno schiavo o il danneggiamento di una cosa, in mancanza di una diretta causalità fisica (corpori corpore damnum dare) non poteva, ai sensi della lex Aquilia, qualificarsi come damnum iniuria datum. Anche i giuristi classici proponevano in tali casi al massimo acliones in factum o altre azioni decretali.[56] Ma nemmeno la lesione corporale di un uomo libero avvenuta in seguito ad una deiectio o ejfusio poteva qualificarsi come iniuria eccetto che si verificò la contumelia del delinquente.[57] Non è molto rilevante per il nostro problema che la lesione fisica di un uomo libero poteva qualificarsi nel diritto postclassico damnum iniuria datum.[58] È ancora più dubbioso se la provocazione di pericolo mediante una res posita o suspensa fosse stata riguardata dai giuristi romani come delitto.[59]

Tali problemi non emergono riguardo agli exercilores, né ai publicani. Loro rispondevano senza dubbio per i delitti commessi dai loro impiegati. Ma anche nei confronti di questi imprenditori si presenta un problema dogmatico. Le pene previste per loro differiscono, almeno in parte, dalle pene previste per i delinquenti stessi. Men t-re il danneggiamento veniva sanzionato col simplum e la rapina col quadmplum, gli editti pretori in questione previdero per la persona resa responsabile il duplum. Per questo motivo, se possiamo parlare in questi casi di una trasmissione della responsabilità delittuosa, essa non può esser denominata «omologa», bensì piuttosto «eterologa». Dunque, malgrado le actiones poenales previste in base al delitto altrui contro la persona resa responsabile, non possiamo dire che questi risponda esattamente così come se lui stesso avesse commesso il delitto.[60]

6. Non risulta chiaramente dalle fonti, che cosa fosse stato il fondamento dogmatico della responsabilità nelle fattispecie esaminate. Karlowa ammetteva che la responsabilità ddV habitator fosse stata riguardata all'inizio, cioè dai giuristi repubblicani come una normale responsabilità delittuosa.[61] Questa tesi però non è dimostrabile, anzi mi sembra piuttosto infondata. Tutti i delitti erano sanzionate in diritto romano con actiones poenales, ma un'aedo poenalis non è necessariamente sintomo della sussistenza di un delitto.[62] Ai pretori che emanarono gli editti in questione e previdero le relative pene, non diede del filo da torcere la circostanza se la persona

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resa responsabile non avesse commesso nessun delitto. Si trattava di fenomeni pericolosi, la prevenzione dei quali esigeva, in base all'utilitas publica, dei provvedimenti eccezionali. Le actiones poenales servivano di mezzi adatti per questo scopo. Per la loro applicazione bastava che le persone rese responsabili erano pi ù o meno sospettabili di causare in qualche modo l'illecito. Non importa che il pretore, per giustificare tale soluzione eccezionale, si riferiva talvolta anche alla condotta delittuosa della persona resa responsabile.63

I giuristi classici cercavano ormai un fondamento dogmatico per tali fattispecie speciali. Questa intenzione si manifesta nell'espressione, usata forse ormai da Gaio, quasi ex maleficio teneri videtur. Tale espressione era usata verosimilmente per accennare alla responsabilità per delitto (o semplicemente per fatto) altrui.[64]

Questa concezione, se fosse esistita mai, è stata definitivamente abbandonata nell'età giustinianea. Come si è già detto sopra, è ben immaginabile che i giuristi giustinianei dal loro canto avessero visto l'essenza dei quasi-delitti nella colpa. Questa concezione nuova viene attestata in particolare dall'inserzione del vocabolo dolo in luogo di damno originale nel brano Inst. 4, 5, 3,[65] e dall'osservazione di Teofilo secondo la quale riguardo al giudice si tratta soltanto di quasi-delitto perché ex apeirias tou dikazein, ou kaké dianoia (Theoph. par. inst. 4, 5 pr.).[66]

Con l'ipotesi sopra esposta, secondo la quale nel diritto pregiustinianeo i quasi-delitti erano, in linea di massima, fattispecie della responsabilità per delitto (fatto) altrui, contrasta il fatto che tra i quasi-delitti elencati sia nelle Res cottidianae che nelle Istituzioni giustinianee non si trova menzionata la responsabilità dei publicani, bensì viene trattata, addirittura in primo posto, quella del iudex qui litem suam fecit. Cercando una spiegazione di questa contraddizione si può presumere cause non tanto di carattere dogmatico bensì di quello storico.

Per quanto concerne il problema dell'evoluzione storica della categoria dei quasi-delitti, Paricio parte dalla tesi ammessa anche dal d'Ors, per cui nelle fattispecie qualificate come quasi-delitti si avesse realizzata originariamente una responsabilità oggettiva. Paricio suppone che queste fattispecie erano trattate in un'opera classica insieme come casi di responsabilità senza colpa. Incontrandosi con questo gruppo di casi, il redattore postclassico delle Res cottidianae credeva, così pensa il romanista spagnolo, che il loro elemento comune fosse stata la culpa, perché in quest'epoca tali

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ipotesi così come tutto il sistema di responsabilità erano trasformate nello spirito della dottrina di colpa. Così fosse nata la dottrina secondo la quale vi sono fattispecie in cui uno è tenuto, in base a propria colpa, quasi ex malefìcio. Secondo Paricio fossero stati i giuristi giustinianei coloro, quali crearono, in base a tali antecedenti, la categoria delle obligationes quae quasi ex malefìcio nascuntur, e sempre questi giuristi avessero creato, per una simmetria, la categoria delle obligationes quae quasi ex contractu nascuntur.[67]

Sopra ho già esposto miei dubbi circa la responsabilità oggettiva quale differentia specifica originale dei quasi-delitti. L'ipotesi di PARICIO contiene invece alcuni elementi plausibili. Anch'io posso immaginare che esistevano alcune opere classiche nelle quali i casi qualificati più tardi come quasi-delitti venivano trattati insieme. Io penso però che queste fattispecie erano trattate insieme quale casi di responsabilit à per delitto (fatto) altrui. Ammetto che i membri del gruppo fossero stati il publicanus, Vhabitator, il «positura habens» ed infine gli exercitores. Nell'età giustinianea anche riguardo a queste fattispecie venne accentuato il ruolo di culpa, cioè della colpa propria della persona resa responsabile. Questa tendenza permetteva ai giuristi giustinia nei di annoverare tra i quasi-delitti anche la responsabilità del index,[68] la quale era - mi sia permesso di impostare un'ipotesi forse troppo audace - sostituita in luogo della responsabilità dei publicani.

Per sostenere quest'ipotesi meno audace di quanto pare prima facie, mi posso riferire innanzitutto al fatto che secondo l'opinione di parecchi romanisti autorevoli v'erano, oltre alle ipotesi elencate sotto tale nome, anche quasi-delitti ulteriori in diritto romano.[69] In questo rispetto si deve prendere in considerazione che il catalogo dei quasi-delitti è tramandato nelle Res cottidianae e nelle Istituzioni giustinianee. E naturale che tali opere come manuali elementari non aspiravano a dare un elenco esaustivo. Così non è un'ipotesi azzardata di supporre che anche la responsabilità dei pubblicani fece originariamente parte del gruppo dei quasi-delitti. Se teniamo inoltre presente del fatto che i pubblicani nell'epoca imperiale perdevano gradatamente quel ruolo importante, quale avevano nell'età repubblicana,[70] allora troviamo anche un motivo pratico perché loro siano stati lasciati da parte e perché sia stato sostituito in loro posto il iudex qui litem sitam fecit, una fattispecie quale era rilevante anche nell'età giustinianea,[71] e quale forse non aveva prima un posto fisso nel sistema dogmatico. Non confuta necessariamente quest'ipotesi il fatto che la responsabilità del iudex si trova in

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primo posto nell'elenco tramandato dei quasi-delitti.[72] È ben immaginabile che tale posto spettava originariamente ai pubblicani, quali avevano, si milmente ai giudici, una funzione pubblica.

In base a quanto si è detto sopra mi sembra che l'inclusione della responsabilità del iudex tra i quasi-delitti era una soluzione determinata da scopi didattiche e pratiche, dunque questa soluzione può esser valutata dal punto di vista scientifico come un errore gravissimo.[73] La categoria dei quasi-delitti nella sua forma giustinianea oltre ad aver perso tutto suo valore scientifico,[74] ha reso problematico il carettere delittuoso del damnum iniurìa datum e dell'incendio colposamente provocato. Tale contraddizione invece non emergeva ancora nel Corpus iuris civilis.

7. Finora ho trattato la problematica dei quasi-delitti in diritto romano antico e le relative opinioni degli studiosi delle epoche successive, con particolare riguardo a Ila moderna letteratura romanistica. In seguito mi occuperò - sempre in modo riassuntivo - delle opinioni dei giuristi del diritto comune relativamente ai quasi-delitti quale concetto del diritto comune stesso.

Nel diritto comune, per effetto dei testi giustinianei relativi ai quasi-delitti, era largamente diffusa la concezione, la quale identificava pronunciatamente il delitto col danneggiamento doloso e il quasi-delitto con quello colposo.[75] Le conseguenze di questa concezione possono essere riassunte grò sso modo come segue. Come un effetto generale si può sottolineare la tendenza che la demarcazione tra i delitti e quasi-delitti diveniva nel diritto comune sempre più slavata.[76] V'erano inoltre alcuni problemi

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particolari. Era difficile per esempio giustificare la collocazione del damnum iniuria datum tra i delitti in quanto questo delitto può esser commesso anche colposamente. Nonostante la tendenza bizantina ammessa da Alberiamo, secondo il quale il damnum iniuria datum fosse trasmigrato dall'elenco dei delitti in quello dei quasi-delitti,[77] tale fattispecie veniva riguardata nel diritto comune, in conformità al diritto giustinianeo, come delitto.[78] Emergeva d'altro canto qualche confusione circa i quasi-delitti veri e propri. Per caratterizzare tale confusione bastano due esempi: ElNECCiO riguardava il comportamento doloso del iudex come delitto vero e proprio;[79] Domat, trattando degli illeciti colposi, menzionò quale primo esempio appunto la fattispecie in cui «on jette quclque chose par une fenètre qui gate un habit...»[80]

Nonostante la diffusione della concezione menzionata v'erano sempre anche tali studiosi quali intendevano di rendere la categoria dei quasi-delitti più utile considerandola come un gruppo dei casi di responsabilità per fatto altrui. Sopra ho già riferitomi alle opinioni di Piacentino, Azzone e DONELLO.[81] Se le opinioni di questi studiosi dovessero esser rifiutate quale contrarie alle fonti del diritto romano, esse devono tuttavia rispettarsi come concezioni relative ai quasi -delitti nel diritto comune. Tale concezione si presenta con particolare rilievo da Struve, il quale scrisse molto chiaro: «Quasi delieta sunt, quae consistunt in aliqua culpa, ut ita loquar, imputativa, hoc est, quae alicui ex alieno facto eorum, quos quis adhibet, imputantur.»[82] Molti rappresentanti dell'um? modernus Pandectarum, tra loro anche Stryk, accettavano questa teoria, la quale ha trovato il fondamento dogmatico dei quasi -delitti nella culpa imputativa.[83] Tale filone si presentava sopratutto in Germania, mentre in Francia rimaneva dominante sempre la «concezione di colpa» dei quasi-delitti.[84]

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Ma nessuna teoria ha potuto salvare la categoria dei quasi-delitti per il diritto tedesco (ed austriaco) moderno.[85] Sin dal fine del Settecento si può osservare una tendenza meno lenta che irresistibile verso l'estinzione totale della categoria dei quasi -delitti nel diritto tedesco ed austriaco. Tale categoria, essendo più problematico che utile, non è stata ammessa in nessun modo - sia quale termine generale dell'illecito colposo[86] sia quale Oberbegriff del le fattispecie corrispondenti ai quasi-delitti del diritto romano[87] - né nell'ALR prussiano del 1794 né nell'ABGB austriaco del 1811. Dopo questi antecedenti i giuristi della Scuola storica del diritto, oltre ad aver definitivamente eliminato la concezione di colpa, hanno condannato la categoria dei quasi-delitti -comunque agonizzante in Germania - a sopravvivere come una categoria meramente storica che non ha nessuna utilità per il diritto moderno, nemmeno per il heutiges römisches Recht.[88] Considerando queste circostanze sembra più che naturale che la categoria dei quasi-delitti non poteva ammettersi nel BGB del 1896. Così al fine dell'Ottocento tale categoria è definitivamente morta in Germania.

8. La nostra categoria non è invece morta in Francia (per non menzionare tanti altri paesi), in quanto il termine quasi-délit è stato ammesso nel Code civil.[89] Ma tale sopravvivenza è tutt'altro che gloriosa. Si deve premettere che délit veniva sin

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dall'inizio e viene ancora inteso nella dottrina francese come illecito do loso in contrasto al quasi-délit inteso come illecito colposo.[90] Dunque il quasi-delitto nel diritto francese non è che un' ornamento accessorio accanto al «delitto», senza avere qualsiasi ruolo indipendente: sembra essere piuttosto una categoria superflua e addirittura illogica. È superflua perché nel diritto civile francese così come in generale nei diritti civili moderni non v'è praticamente nessuna differenza tra le conseguenze dell'illecito doloso e colposo.[91] Ma è anche illogica perché nella materia regolata sotto il titolo Des délits et des quasi-délits si trova anche fattispecie in cui la colpa - nemmeno la culpa in eligendo o vigilando - non ha nessuna rilevanza.[92]

Riassumendo quanto si è detto sopra si può constatare con rammarico che la categoria dei quasi-delitti intesa quale illecito colposo non è che un residuo fossile in alcuni codici civili contemporanei, il quale esiste ancora grazie alla tolleranza dei legislatori.

Mi pare tuttavia che la categoria dei quasi -delitti non sia condannata a sopravvivere per sempre quale un sinonimo superfluo ed illogico dell'illecito colposo. Nel Code civil così come in altri codici che conoscono ancora un equivalente del termine «quasi-delitto», non si trova, per buona fortuna, una definizione né del delitto né del quasi-delitto. V'è dunque una possibilità teorica d'interpretare il concetto del quasi-delitto quale responsabilità per fatto altrui o comunque per fatto non proprio.[93] In altri termini, in questo rispetto il pensiero giuridico non è vincolato tanto dal diritto positivo, quanto piuttosto da una vecchia tradizione dottrinale. Per convincersene basta gettare uno sguardo alla struttura del capitolo intitolato Des délits et des quasi-délits del codice francese, in cui si trova, oltre alla regola generale sul danneggiamento (art. 1382), degli articoli speciali sul danneggiamento colposo (art. 1383),[94] sulla responsabilità per fatto altrui (art. 1384)[95] e su due fattispecie ulteriori della responsabilità per danni (artt. 1385 s.). Dunque si potrebbe senz'altro qualificare délit anche la fattispecie regolata nell'articolo 1383, d'altro canto il termine quasi-délit potrebbe esser usato soltanto per segnalare le ipotesi regolate negli articoli 1384 ss. del Code civil.[96] Vi sono

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infatti studiosi autorevoli[97] che applicano giustamente il concento del quasi-dewlitto per segnalare le ipotesi della responsabilità per fatto altrui e alcune altre ipotesi simili.[98] Se potesse in tal modo rinascere la concezione (forse) originaria de quasi-delitti, la terminologia civilistica giungerebbe più vicino non soltanto alla tradizione romana (pregiustinianea), ma anche a livello di una terminologia coerente, il valore scientifico della quale non potrebbe essere contestato.■

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NOTE

[1] Cf A. WATSON: Roman law and comparative law, Athens-London 1991, 198.

[2] Per la critica - abbastanza rara - del diritto positivo dai Romani vedi soprattutto D. NÖRR: Rechtskritik in der römischen Antike, München 1974; vedi anche G. Hamza: Comparative law and antiquity, Budapest, 1991, 20.

[3] F. ORESTANO: Opera omnia, IV 1, Padova 1962, 21: «I concetti possono essere dei buoni servitori, ma sono dei cattivi padroni» (cit. da M. MONTANARI: Impresa e responsabilità, Milano 1990, 3 378).

[4] Per quanto riguarda i codici non latini, è ben comprensibile che il nostro termine di origine latina non n'è stato ricevuto. In Austria nell'Ottocento v'erano ancora studiosi autorevoli che usavano tale termine, ma esso cadeva gradatamente d'uso, vedi J. UNGER: Die "actio de deiectis et effusis" im deutschen Entwürfe, Jherings Jahrbücher 30 (1891) 2287. È un fenomeno tanto più spiccato invece che parecchi codici latini influenzati dal Code civil, come i codici spagnolo, portoghese, quebechese e quello brasiliano non conoscono un equivalente del termine «quasi-delitto» (in alcuni codici però, p.e. nel Código civil spagnolo, si trova un equivalente del termine «quasi-contratto»). In Italia, com'è noto, il Codice civile del 1942 non usa più il termine «quasi-delitto», il quale si trovava ancora, in conformità del Code civil, nel vecchio codice del 1865.

[5] Il cap. II del tit. IV del libro III del Code civil francese (e di quello belga) s'intitola Des dùlìts et des quasì-délits (arti. 1382 ss.; similmente anche nel Código civil della Repubblica Domenicana, cf. watson: Roman law and comparative law [n. 1 ], 199). Il modello francese ha influenzato inoltre il cap. Il del tit. V del libro III del Louisiana Civil Code del 1870 (che è ancora, con modificazioni, in vigore), quale s'intitola Of offenses and quasi offenses (artt. 2315 ss.). Similmente il titolo XXXV del libro IV del Código civil cileno del 1885 sempre in vigore, s'intitola De los delitos y cuasidelitos (artt. 2314 ss.). 11 termine quasi-delict è conosciuto ma viene poco usato in Africa del Sud, vedi W. J. HOSTEN et al.: Introduction to South African law and legal theory, Durban 19952, 7015. 846.

[6] Per la concezione odierna dei quasi-delitti vedi p.e. F. Terré - Ph. Simler - Y. LEQUETTE: Droit civil. Les obligations, Paris 19966, 565.

[7] La genuinità delle Res cottidianae è da lungo tempo discussa nella letteratura specifica. Molti studiosi - p.e. E. Albertario: Studi di diritto romano, III, Milano 1936, 86 ss.; G. longo: I «quasi delieta» -«actio de effusis et deiectis» - «actio depositis ac suspensis», Studi C. Sanfilippo, IV, Milano 1983, 401 ss.; A. guarino: Storia del diritto romano, Napoli 1987 , 443; A. Burdese: Manuale di diritto privato romano, Torino 19934, 41; J. paricio, Los cuasi delitos. Observaciones sobre su fundamento histórica, Madrid 1987, 29 s - ritengono quest'opera una rielaborazione poslclassica delle Istituzioni di Gaio o la attribuiscono addirittura ai compilatori. Altri studiosi come G. PUGLIESE (collab. F. SlTZIA - L. Vacca): Istituzioni di diritto romano Torino 19913, 611 attribuiscono tale nelaborazione a. primi postclassici (similmente, sebbene con certa cautèla, M. Käser: Römische Rechtsgeschichte, Göttingen 19672, 228). Vi sono però parecchi studiosi che difendono la classicità delle te cottidianae. WOLODKIEWICZ accenna alle differenze significative tra le Istituzioni gaiane e quelle giustinianee (W. WOLODKIEWICZ: Obligations ex variis cauiarum figuris, RISG4 14 [1970] 84 ss.), accentua d'altro canto il fatto che le Istituzioni di Gaio mostrano una forma rudimentale, mentre le Res cottidianae ne costituiscono una versione ampliata e rielaborata (WOLODKIEWICZ 149) II romanista polacco osserva inoltre che le differenze tra le due opere gaiane possono spiegarsi anche col mutamento dell'avviso di Gaio (WOLODKIEWICZ, 129). Similmente W. KUNKEL - H. HONSELL: Römisches Recht, Berlin-Heidelberg-New York 1987, 259; M. Talamanca: Istituzioni di diritto romano, Milano 1990, 540. Secondo A. N. Honoré: Gaius, Oxford 1962, 68 Gaio avesse scritto le Res cottidianae negli anni 170, dunque esse fossero state una delle sue opere ultime. gy. DlÓSDI: Gaius, der Rechtsgelehrte, ANRW II 15, 1976, 613 ss., ammettendo che le Res cottidianae sia un'opera di Gaio, ritiene che i testi tramandati siano interpolali, accentua inoltre, insieme a molti altri studiosi, che l'altro titolo dell'opera (Aurea) sicuramente non proviene da Gaio.

[8] Nella letteratura si parla giustamente di quattro ipotesi, ma si deve osservare che la struttura interna dei quasi-delitti non è cosi chiara nelle fonti, cf. n. 48 infra.

[9] Sebbene nel D. 44, 7, 5 e nel passo I. 4, 5, 3 si parli suìì'exercilor navis, cauponae, stabuli, ritengo verosimile che nel testo originale del relativo editto pretorio venivano applicati i termini nauta, caupo stabularius, vedi A. FÖLDI: Die Entwicklung der sich auf die Schiffer beziehenden Terminologie im römischen Recht, TRG 63 (1995) 1 ss.; «Caupones» e «stabularli» nelle fonti dal diritto romana, Melanges F. Sturm I_II, Liege 1999, I 119 ss.

[10] Vedi p.e. PaRICIO: Los citasi delitos (n. 7), 36.

[11] Così nell'intitolazione del titolo 4, 5 delle Istituzioni giustinianee: De oblìgationìbus, quae quasi ex delicto nascuntur.

[12] Secondo l'opinione di A. D'ORS: Litem suam faccre, SDH1 48 (1982) 392 e di PARICIO: Los cuasì delitos (n. 7), 36 il concetto della obligatio quasi ex delicto nella sua forma definitiva venne creato dai giuristi giustinianei. A mio avviso invece è immaginabile che tale concetto si sviluppava ormai prima, forse nell'insegnamento delle scuole giuridiche di Berito e di Costantinopoli.

[13] Si deve naturalmente tener conto del fatto che le istituzioni erano manuali elementari, cioè il loro sistema non era riguardato dai giuristi romani come un sistema scientifico e ancora meno come il sistema vero e proprio del diritto romano. Il sistema istituzionale serviva ovviamente scopi didattici. Questa circostanza spiega perché siano le Res cottidianae la unica e sola opera conosciuta nella letteratura giuridica romana prima l'età giustinianea, nella quale si trovano le radici della categoria «quasi-delitto» (per questo motivo non è giusta l'osservazione scettica di J. BARON: Pandekten, Leipzig 18938, 365). E comunque un paradosso della storia giuridica che il sistema istituzionale serve di fondamento, fino ai nostri giorni, per il sistema scientifico e legale del diritto civile, cf. A. FöLDl: Die "instittitioncs" in der Geschichte des Rechtsunterrichts [ungh., riass. tedesco], Festgabe J. Zlinszky, Miskolc 1998,533 ss.

[14] L'espressione quasi délicton viene usala qualche volta - con caratteri latini - da Thcoph. par. itisi. 4, 5 pr., eod. 1. Com'è stalo accennato da D. NÖRR (vedi la prefazione al libro di T. GlMENEZ-CANDELA: Los Ilamados cuasidelitos, Madrid 1990, XIII), questo termine semplificato era usato per la prima volta da Teofilo. E da notare che il neologismo ósanei hanarténia si trova anche nei Basilici (B. 60, 4, 1).

[15] Cf. WOLODKIEWICZ: Obligationes ex variis causarum figuris (n. 7), 215; R. HOCHSTEIN, Obligationes quasi ex delicto, Stuttgart-Berlin-Köln-Mainz 1971,36; p. STEIN, The "actio de effusis vei deiectìs" and the concept of quasi-delict in Scots law, ICLQ 4 (1955) 363.

[16] Secondo D. STOJCEVIC: Sur le caraclère des quasi-dèlits en droit romáin, Iura 8 (1957) 57 ss.; quasi-delitti sono fattispecie fondate su qualche illecito, le quali, da cause diverse, non potevano esser annoverate tradelitti, bensì erano regolate da uno speciale ins proprium.

[17] WOLODKIEWICZ: Obligationes ex variis causarum figuris (n. 7), 215 ss.

[18] Secondo PUGLIESE: Istituzioni di diritto romano (n. 7), 611 s. le fattispecie qualificate nel diritto postclassico quasi-delitti erano riguardate originariamente - insieme ad altre fattispecie_come illecit" pretori, ma non pensa che tale circostanza avesse costituito il fondamento della creazione della categoria dei quasi-delitti. Pugliese, riferendosi al Mod. 2 reg. D. 44, 7, 52, ritiene che nel sottoperiodo classico avanzato gli illeciti pretori potevano considerarsi fonti di obbligazioni. Pugliese ammette che nel primo sottoperiodo postclassico (qualche decennio dopo il fine dell'età classica) l'autore delle pseudogaianc Res cottidianae introducendo la categoria delle variae causarumfìgurae, ne collocò non tutti gli illeciti pretori bensì soltanto quelli che avevano criteri particolari di responsabilità (cioè i quasi-delitti tranne la responsabilità del iudex) un regime particolare (la responsabilità del index). pugliese suppone che la partizione delle variae causarum figurae in due categorie sia dovuta ad una successiva rielaborazione delle Res cottidianae.

[19] E. VOLTERRA: Istituzioni di diritto romano, Roma 1985, 568; V. ARANGIO-RUIZ: La gente e la città, Studi centenario Jovene, 135 ss. (cit., con qualche riserva, da F. SERRAO: Impresa e responsabilità a Roma nell'età commerciale, Pisa 1989, 109); similmente S. RlCCOBONO JR.: Quasi-delitto (diritto romano), NNDI XIV, 1967, 635. Contro tali opinioni vedi invece WOLODKIEWICZ: Obligationes ex varìis causamm figuris (n. 7), 218. l'origine pretoria è sottolineata anche da P. STEIN: The nature of quasi-delictal obligations in Roman law, RIDA3 5 (1958) 570, il romanista inglese ammette invece quale criterio comune anche la responsabilità oggettiva.

[20] Cf. M. Käser: Das römische Privatrecht, i-ii, München 1971-19752, 625 ss.

[21] Vedi p.e. H. GOUDY: Artificiality of Roman juristic classifications, Studi c. Fadda, V, Napoli 1906, 225 ss. (cit. da HOCHSTEIN: Obligationes quasi ex delicto [n. 15], 26). Questo aspetto viene accentuato anche da r. ZIMMERMANN: Effusum vel deiectum, Festschrift H. Lange, Stuttgart-Berlin-Köln 1992, 311 s. Sul problema della preferenza di alcuni numeri nel diritto bizantino vedi inoltre r. ZIMMERMANN: The law of obligations. Roman foundations of the civilian tradition, Oxford 19963, 15; r. KNÜTEL: Christliche Zahlensymbolik im Digestenplan, ZSS RA 113 (1996) 422.

[22] STOJCEVIC: Sur le caractère des quasì-dèlìts (n. 16), 57 s.

[23] ALBERTARIO: Studi di diritto romano (n. 7), III 86 ss.; similmente e. ALBERTARIO: Il diritto romano, Milano-Messina 1940, 193.

[24] Per quanto riguarda i riferimenti alla culpa nella sedes materiae (D. 9, 3), vedi la n. 29 infra.

[25] Cf. la critica di käser: Das römische Privatrecht (n. 20), ii2 3 5 239 e di WOLODKIEWICZ: Obligationes ex variis causarum figuris (n. 7), 223.

[26] Vedi più dettagliatamente sub 6, infra.

[27] D'ors- Litem suamfacere (n. 12), 393; stein: The nature of quasi-delictal obligations (n. 19), 569 s. (Stein come abbiamo visto sopra, ritiene nello stesso tempo che i quaswlelitt. erano fattispecie pretorie); F. GALLO: Per la riscostruzione e utilizzazione della dottrina di Gaio sulle «obligaliones ex variis causarum figuris»,

[28] Hochstein: Obligationes quasi ex delicto (n. 15.), 19 ss.; Zimmermann: Effusum vel deiectum (n. 21.) 311.

[29] Nelle fonti relative si trovano parecchi riferimenti alla colpa della persona resa responsabile. Questi riferimenti invece non dichiarano un criterio della responsabilità la culpa (Paul. 19 ad ed. D. 9, 3, 6, 2; I. 4, 5, 1) o cariano di colpa irrefutabilmente presunta (o finta) ed in questo caso possono essere attribuiti ad interpolazione (Ulp. 23 ad ed. D. 9, 3, 1, 4; Ulp. 13 ad ed. D. 4, 9, 7, 4; cf. anche 55 ad ed. D. 39, 4, 3 pr.) Cf. V Arangio-RUIZ- Responsabilità contrattuale in diritto romano, Napoli 1933 , 240; F. M. De rodertis: La responsabilità contrattuale nel sistema della grande compilazione, I, Bari 1983, 435 s.; SerraO: Impresa e responsabilità (n. 19), 125 e 235; GIMENGZ-CaNDELa: Los llamados cuasidelitos (n. 14), 137 s. 146; c. A. cannata: Sul problema della responsabilità nel diritto privalo romano, Catania 1996,95.

[30] Secondo molti studiosi (vedi p.e. PUGLIESE: Istituzioni di diritto romano [n. 7], 609. 912 s.; Ta-LAMANCa: Istituzioni di diritto romano [n. 7], 632) la responsabilità del iudex si fondava nel diritto classico su dolus.

[31] Nörr, apud GiméNEZ-CaNDELa: Los llamados cuasidelitos (n. 14), XIV.

[32] Questa concezione si presenta nella recente letteratura civilistica da CU. VON bar: Gemein-europäisches Deliktsrecht, I, München 1996, 8 e 109, secondo il quale le fattispecie della responsabilità per delitto altrui vennero raccolte in diritto giustinianeo sotto il titolo «quasi-delitti».

[33] Azo: Aurea summa, ad I. 4, 5, cit. da HÖCHSTEM: Obligaliones quasi ex delicto (n. 15), 43; cf. STEIN: The "actio de effusis vel deiectis " and the concept of quasi-delict in Scots law (n. 15), 364. Alcuni studiosi del Seicento, conic LEEUWEN, STRYK, Schilter e HUDER hanno invece riguardato quasi-delitto anche la responsabilità nossale, vedi HOCMSTEIN: Obligaliones quasi ex delicto (n. 15), 86.

[34] Placentinus: Summa Institutìonum 4, 5 (eil. da HOCHSTEIN: Obligationes quasi ex delicto [n. 15], 44).

[35] a. pernice: Labeo. Römisches Privatrecht im ersten Jahrhundert der Kaiserzeit, ii, Halle 1900, 50.

[36] SERRAO: Impresa e responsabilità (n. 19), 109. L'avviso di SERRAO venne criticato da LONGO: / «quasi delieta» - «actio de effusis et deiectìs» - «actio de posìtis ac suspensis» (n. 7), 405 ss.

[37] H. Donellus: Commentarvi de iure civili, Norimbergae 18266, IX 237 (= 15, 28, 8); ix 447 (= 15,43, 13).

[38] Donellus: Commentarti de iure civili (n. 37), ix 437 (= 15,43,3).

[39] W. W. buckland: A manual of Roman private law, Cambridge 19392, 332. Similmente Stojcevic: Sur le caractère des quasi-délits (n. 16), 73. Vedi al contrario p.e. zimmermann: The law of obligations (n. 21), 16.

[40] Cf. R. Scognamiglio: Responsabilità per fatto altrui, NNDI XV, 1968, 692; L. corsaro: Responsabilità per fatto altrui, Digesto delle discipline privatistiche, sezione civile XVII, 1998, 385. In contrasto all'impostazione di questi studiosi generalmente ammessa nella contemporanea dottrina italiana (anche nella letteratura romanistica, cf. serrao: Impresa e responsabilità [n. 19], 93 ss.) mi pare giusto includere nel cerchio della responsabilità per fatto altrui, seguendo la concezione diffusa innanzitutto nella dottrina francese (cf. per esempio H. et L. MAZEAUD - J. MAZEAUD - F. CHADAS: Lecons de droit civil. II I: Obligations. Theorie generale, Paris I9989, 499 ss.), anche la responsabilità contrattuale per fatto altrui. Tale concezione era conosciuta anche nella letteratura italiana meno recente, vedi p.e. F. ferrara: Responsabilità contrattuale per fatto altrui, AG 11 (1903) 401 ss, anzi tale concezione era conosciuta in Italia prima di quanto in Francia, dove il concetto in questione è stato introdotto da E. becqué: De la responsable du fait d'autrui en matere contractuelle, Revue trimcstrielle de droit civil 1914.

[41] Vedi p.e. Gai. 10 ad ed. prov. D. 19, 2, 25, 7; Ulp. 32 ad ed. D. 19, 5,20, 2.

[42] Vedi p.e. Alf 2 dig. D. 18,6, 12; Ulp. 32 ad ed. D. 19,2, llpr.

[43] Per la custodia oggettiva del diritto classico vedi M. Talamanca: Custodia, ED XI, 1962,562 ss.

[44] Vedi p.e. S. morgese rasiej: Sul regime della nossalilà nelle XII tavole, AG 21 1 (1991) 326. 332 s.

[45] In questo articolo si tratta della responsabilità dei padroni e committenti per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi. Non si deve accentuare che tale forma di responsabilità differisce significativamente dalla responsabilità per delitto altrui in diritto romano, come anche la responsabilità délictuelle dei diritti privati moderni differisce considerevolmente dal regime delle obligaliones ex delieto del diritto romano.

[46] Dell'esistenza di tale principio fanno testimonianza numerosi passi nelle fonti, vedi p.e. lui. 39 dig. D. 36, 1, 26, 2; Ulp. 52 ad ed. D. 39, 1, 5, 5; Ner. 4 membr. D. 44,4, 11 pr.; Call. / de cogn. D. 48, 19,26.

[47] Cf F DE VlSSCHER: Le regime romáin de la noxalité, Bruxelles 1947, 532. In tutti questi casi l'introduzione della responsabilità per delitto altrui era motivata da un particolare interesse pubblico. In caso di necessità i pretori non esitavano emanare disposizioni per restringere l'esercizio di alcuni costumi largamente diffusi (quali erano la deiectio e la effusio, e forse anche la positio e suspensi*, in protetto et suggrunda), e non rifiutavano prevedere sanzioni penali contro alcuni influenti ceti imprenditoriali, quali erano gli armatori ed i pubblicani. Non si sviluppava invece una responsabilità più estensiva per i delitti compiuti dagli impiegati.

[48] I. 4 5 1: plerumque ob alterius culpam tenctur...; Paul. 19 ad ed. D. 9, 3, 6, 2: Habitator suam suorumque culpam praestare debet. Vedi similmente SERRAO: Impresa e responsabilità (n. 19), 98 s. 119 ss.; TALAMANCA, Istituzioni di diritto romano (n. 7), 633; diversamente R. KNÜTEL: Die Haftung fúr Hilfspersonen im römischen Recht, ZSS RA 100 (1983) 354. E da osservare che nelle Istituzioni giustinianee, in contrasto alle Res cottidianae, ma anche al sistema della sedes materìae nel D.gesto (D. 9, 3), questa materia viene trattata in due parti: prima, (nel § 1) si tratta della responsabilità del padrone dì casa (o di appartamento) in generale, poi (nel § 2) si tratta della simile responsab.l.ta del fdius familias, mentre la distinzione tra la responsabilità de deiectis et effusis e, d'altro canto, quella deposito et suspenso costituisce soltanto una suddivisione. Questo modo di trattamento è privo di ogni logica. In questo rispetto è caratteristico che al fine del § 2 si trova un'allusione alla responsabilità ad fdius familias iudex, del quale parimenti non risponde il suo padre. Questa regola dovrebbe trovarsi nei princípium (cioè nel quadro della trattazione della responsabilitf del iudex), così come la parte precedente del § 2 dovrebbe trattarsi nel quadro del § 1. Per quanto concerne invece la trattazione complessiva della responsabilità de deiectis et effusis e, d'altro canto, di quella de posilo et suspenso, essa è una tradizione vecchia. In questo rispetto non sappiamo, quale era il rapporto tra i due provvedimenti edittali. Ulpiano scrive sull'editto de posilo et suspenso che [h]oc edictum superioris portio est (Ulp. 23 ad ed. D. 9, 3, 5, 7). Considerando questo passo molti romanisti (p.c. 0. KARLOWA-. Römische Reehtsgeschiehte, U, Leipzig 1901, 1357; G. PROVERA: Actio de effusis et deiectis, NNDI I [1] 1957, 261) ritengono che tale editto avesse costituito una parte dell'editto de deiectis et effusis, vedi però Ò. LenÈl: Das "Edictum perpetuum", Leipzig 19273, 174; PaRICIO: Los cuasì delitos (n. 7), 39; GlMÉNEZ-CANDELA: Los llamados cuasidelilos (n. 14), 110 ss.; TALAMANCA: Istituzioni di diritto romano (n. 7), 633.

[49] Cf. Paul. 19 ad ed. D. 9, 3, 6, 2 cit. nella nota precedente.

[50] Cf. Ulp. 23 ad ed. D. 9,3,6.

[51] Ulp. 23 ad ed. D. 9, 3, 5, 12. La legittimazione passiva deWactìo de deiectìs vel effusisè molto discussa nella letterature specifica. La teoria oggettivistica, alla cui aderisco anch'io, viene rappresentata da Stein: The nature of quasi-delictal obligations in Roman law (n. 19), 563; GimeneZ-Candela: Los Hantádon cuasideìitos (n 14), 117 ss. Vedi similmente, con alcune differenze, anche A. guarino: Diritto privato romano Napoli 19929, 1007; L. vacca: Delitti privati e azioni penali nel principato, ANRW II 14, 1982, 715 Vedi al contrario S. Perozzi: Istituzioni di diritto romano, li, Roma 1928 , 388; A. watson: Liability in the "actio depositis acsuspensis", Melanges Ph. Meylan, Lausanne 1963,379 s.; W. M. Gordon: The «actio de posilo " reconsidered, Studies in Justinian's Institutes in memory of J. A. C. Thomas, London 1983, 50 ss.; longo: I «quasi delieta» - «actio de effusis et deiectìs» - «actio de positis ac suspensis» (n. 7), 459; TaLAMANCA, Istituzioni di diritto romano (n. 7), 633.

[52] Ulp 13 ad ed D. 4, 9, 7 pr.: Debet exercitor omnium nautarum suorum, sive Uberi suit sive servi, factum praestare: nec immèrito factum eorum praestat, cum ipse eos suo perìculo adhibuerìt

[53] Ulp 13 ad ed. D. 4, 9, 7, 4: Hac autem actione suo nomine exercitor tenetur, culpae scilicet suae, qui tales adhibuit... Questo passo'è giustamente ritenuto interpolato, vedi A. földi: Sulla responsabilità per fatto altrui in diritto romano, PUM III, 1988, 177.

[54] Cf. hochstein: Obligationes quasi ex delieto (n. 15), 142; corsaro: Responsabilità per fatto altrui (n. 40), 387; J.-H. michel: Les articles historiques du Code civil, Études H. Ankum, I, Amsterdam 1995, 356; Mazeaud-chauas: Obligations. Théorie generale (n. 40), 518; knütel: Die Haftung für Hilfspersonen im römischen Recht (n. 48), 443442.

[55] Vedi Ulp. 55 ad ed. D. 39,4, 1, 5, cf. lenel: Das "Edictumperpetuum" (n. 48), 335 s.; De Vissciier: Le régime romáin de la noxaìté (n. 47), 525 ss.; f. M. de robertis: Lavoro e lavoratori nel mondo romano, Bari 1963, 103 ss.; M. R. Cimma: Ricerche sulle società di «publicani», Milano 1981, 197 ss. Diversamente v. arangio-ruiz: Sugli editti «de publicanis» e «quod familia pub!icanorum furtum fecissc dicetur>\ Studi S. Perozzi, Palermo 1925, 232 ss.; E. levy: Die Konkurrenz der Aktionen und Personen im klassischen römischen Recht, I, Berlin 1918, 489 ss.; P. voci: Note sulle azioni pretorie contro i pubblicani, SDHI 60 (1994)291 ss.

[56] Vedi H. HAUSMANINGER: Das Schadensersatzrecht der "lex Aquilia", Wien 1996s, 17 s.; Tala-MANCA: Istituzioni di diritto romano (n. 7), 626 s.

[57] Cf. e. PÒLAY: Iniuria types in Roman law, Budapest 1986, 169.

[58] Secondo r. WlTTMANN: Die Körperverletzung an Freien im klassischen römischen Recht, München 1972, 98 ss. tale estensione sia da attribuire ad Ulpiano, vedi al contrario HAUSMANINGER: Das Schadensersatzrecht der lex Aquilia (n. 56), 36.

[59] II carattere delittuoso di tale fattispecie lo negano STOICEVIC: Sur le caraclère des quasi-délits (n. 16), 67; w. WOLODKIEWICZ: «Deiectum vel effusum» e «posilum aut suspensum» nel diritto romano, risg4 12 (1968)379.

[60] Al contrario, nella responsabilità per delitto altrui in diritto moderno si verifica una «trasmissione omologa», in quanto la persona resa responsabile è tenuto a pagare la medesima somma, quanto dovrebbe pagare il delinquente, cf. l'art. 2049 del C. civ. it. Una trasmissione omologa di responsabilità (pure non delittuosa) si verifica in diritto romano nelle acliones adiecticiae qualìtatis.

[61] karlowa: Römische Rechtsgeschichte (n. 48), II 1357.

[62] In questo rispetto mi posso riferire in particolare alla responsabilità ex edicto de feris, cf. LENEL: Das " Edictum perpetuum " (n. 48), 566 s.

[63] Vedi Ulp. 38 ad ed. D, 47, 5, 1 pr.

[64] Al contrario Baron: Pandekten (n. 13), 365 ritiene che l'espressione quasi ex malefìcio non si riferiva al fondamento della responsabilità, bensì al simile trattamento processuale del delinquente della persona resa responsabile. Similmente gallo: Per la riscostruzione e utilizzazione della dottrina di Gaio sulle «obligaliones ex variis causarum figuris»(n. 27), 19364.

[65] II «dolus» (cioè il danneggiamento doloso) commesso dall'impiegato delinquente viene accentuato in contrasto alla colpa presunta (culpa in eligendo) dell'imprenditore reso responsabile. Il passo citato delle Istituzioni concernente la responsabilità deìl'exercitor riproduce, tranne l'interpolazione menzionata, il testo del brano Gai. 3 aur. D. 44, 7,5, 6. Secondo l'emendazione di o. behrends - r, KnüTEL- B. Kupisch -H. H. Seiler: Corpus iuris Civilis. Die Institutionen, Heidelberg 1993, 2191 «[r]ichtig offenbar: Sachbeschädigung (damnum)». Diversamente F. M. DE roberto, Receptum nautarum, Bari 1952, 172.

[66] Cf. G. rotondi: Scritti giuridici, II, Milano 1922,386.

[67] PARICIO: Los cuasi dclitos (n. 7), 36. 50 s. Al contrario, secondo GOUDY: Artificiality of Roman juristic classifications (n. 21), 224 ss. (cit. da STEIN: The nature of quasi-delictal obligations [n. 19], 566) fosse stata la categoria dei quasi-contratti quello che si sviluppava prima, ed i compilatori avessero creato per la simmetria la categoria dei quasi-delitti.

[68] Cf. PUGLIESE: Istituzioni di diritto romano (n. 7), 912.

[69] Così BUCKLAND: A manual of Roman private law (n. 39), 332; V. ARANGIO-RUIZ, Istituzioni di diritto romano, Napoli, I96014, 377 s.; J. IGLESIAS: Derecho romano, Barcelona 1993", 488; PARICIO: Los citasi delitos (n. 7), 54 ss.

[70] Cf. CIMMA: Ricerche sulle società di «publicani» (n. 55), 159 ss.

[71] Cf. J. M. KELLY: Roman litigation, Oxford 1966, 114, diversamente HOCHSTEIN: Obligationes quasi ex delieto (n. 15), 15.

[72] Nonostante la posizione eminente del iudex anche Donello lo ha bandito dal novero dei quasi-delitti vedi la n. 37 supra.

[73] Al contrario stein, The nature of quasi-delictal obligations (n. 19), 570 imposta l'ipotesi originale per cui il primo quasi-delitto fosse stato costituito appunto dalla responsabilità oggettiva del iudex e questa figura appunto come il prototipo dei quasi-delitti avesse preso il primo posto nell'elenco dei quasi-delitti.

[74] Secondo p. JÖRS - W. kunkel - L. wenger, Römisches Privatrecht, Berlin 19493, 193 «[d]ie Kategorien der Quasikontrakte und Quasidelikte sind ohne wissenschaftlichen Wert; sie werden nur als eingebürgerte und bequeme Sammelbezeichnungen gebraucht.» Vedi similmente PEROZZl: Istituzioni di diritto romano (n. 51), II22.

[75] Tra gli studiosi quali riguardavano i quasi-delitti come illeciti colposi si deve menzionare innanzitutto R. J. pothier: Traile des obligations, 1761, la concezione del quale determinava lo sviluppo del nostro concetto sia in Francia che in molti altri paesi (anche in Scozia, vedi stein, The "actio de effusis vel deiectis " and the concept of quasi-delict in Scots law [n. 15], 364). Come viene accennato da C. A. Cannata: Quasi-contratti e quasi-delitti, ED XXXVIII, 1987, 34, pothier dislingueva i delitti e quasi-delitti solo in sede di definizione, mentre ne descriveva il regime in un paragrafo unitario. (Un simile modo di trattazione si trova, come vedremo sub 8, anche nel Code civil.) Un altro rappresentante molto autorevole di questo filone era nel Settecento ElNECCIO, il quale giustapponeva i vera delieta commessi dolosamente ed i quasi delieta commessi colposamente, vedi I. G. HeineCCIUS: Elementa iuris civilis secundum ordinem Institutionum, Gottingae 17964, 386. Vedi similmente M. Guarano: Praelectiones ad Institutiones Iustiniani in usimi Regni Neapolitani(m9),4, l,3(cit. da WATSON: Roman law and comparative law [n. 1], 191).

[76] Lo stesso Azzone, il quale riguardava i quasi-delitti più o meno come casi della responsabilità per fatto altrui, scrisse sulla relazione dei delieta e dei quasi delieta (Azo: Summa Institutionum 4, 5 pr., cit. da p. Rasi: L '«actio legis Aquiliae» e la responsabilit'i extracontrattuale nella Glossa, Atti del convegno internazionale di studi Accursiani, II, Milano 1968, 74555): licei enim diversa sint, valde tarnen sunt connexa. ut unguis cum digito.

[77] Vedi la n. 23 supra.

[78] Così cuiacio, il quale ammetteva la concezione dei delitti e quasi-delitti come illeciti dolosi e colposi rispettivamente, non riguardava quasi-delitto il damnum iniuria datum, vedi 1. CUIACIUS, Notae in Institutionen Iusliniani, Opera omnia, i, Neapoli 1722, 246 (4, 5). Similmente r. j. pothier: Pandectae Iustinianeae in novum ordinem digestae, XV11I, Parisiis 1823, 2762, con una spiegazione poco convincente. Cf. zimmermann: The law of obligations (n. 21), 1129250.

[79] I. G. HeineCCIUS: Antiquitatum Romanarum iurisprudentiam illustrantium syntagma, II, Argentoiati 17303, 203.

[80] J. DÓMAT: Les loix civiles dans leur ordre nature!, 1689/1694, II 8, introd., cit. da HOCUSTEIN: Obligationes quasi ex delieto (n. 15), 142. Com'è stato accennato da WATSON: Roman law and comparative law (n. 1), 191 ss., tale confusione può esser fatta risalire tra l'altro alla mancata ricezione della lex Aquilia nel vecchio diritto francese, cf. H. CoiNG: Europäisches Privatrecht, I-II, München 1985-1989,1 396. 506 s.

[81] Vedi le n. 33 s. c 38 supra.

[82] G. a. STRUVIUS: lurisprudentia Romano-Germanica forensis, 1670, 2, 16, 1, cit. tla HOCUSTEIN: Obligationes quasi ex delicto (n. 15), 7420. È da osservare che STRUVE, in contrasto a DONELLO, non ha potuto o voluto scuotere i vincoli della tradizione, e così non ha bandito dal novero dei quasi-delitti la responsabilità del iudex, bensì ha proposto per giustificare la collocazione tradizionale di questa fattispecie una spiegazione poco plausibile, la quale era condannata ad essere rifiutata, vedi HOCUSTEIN: Obligationes quasi ex delieto (n. 15), 77.

[83] Vedi HOCUSTEIN: Obligationes quasi ex delicto (n. 15), 74 ss.

[84] Per «concezione di colpa» intendo qui e in seguito quella concezione, la quale giustappone il delitto come illecito doloso e il quasi-delitto come illecito colposo.

[85] All'inizio dell'Ottocento la concezione di colpa era ancora abbastanza influente in Europa centrale. In questo rispetto posso riferirmi al fatto che nella letteratura ungherese di quest'epoca - influenzata notevolmente dalla letteratura giuridica tedesca - la nozione del quasi-delitto era considerata in base alla concezione di colpa, vedi p.e. E. KDLEMEN: Institutiones iuris Hungarici privati, Pestini 1814, 1204: «[t]ribui autem consuevit ab iurisconsultis delictum ... in verum et quasi-dehetum; illud dolo hoc culpa solum committitur»; si deve osservare che i! concetto del quasi-delitto non era mai ammesso nel diritto ungherese. Questa concezione riflette verosimilmente l'influenza di Eineccio, il manuale del quale serviva di base per l'insegnamento delle istituzioni di diritto romano all'Università di Nagyszombat in Regno d'Ungheria (oggi Trnava in Slovacchia) sin dalla riforma del 1760 (vedi F. ECKHART: A Jog- és Államtudományi Kar története [Storia della Facoltà di Giurisprudenza], Budapest I936. 41)-

[86] In questo senso ancora nel Codex Maximilianeus Bavaricus civilis del 1756, vedi HOCIISTEIN: Obligationes quasi ex delieto (n. 15), 129 ss.

[87] In questo senso ancora nel Codex Theresianus del 1766, vedi HOCHSTEIN: Obligationes quasi ex delieto (n. 15), 131 ss.

[88] Alcuni studiosi, non avendo potuto staccarsi interamente dalla concezione di colpa, ammettevano quale criterio dei quasi-delitti, invece di colpa vera e propria, la colpa presunta. Così C. F. MÜHLENBRUCH: Lehrbuch des Pandekten-Rechts, II, Halle 18403, 474 trattava i quasi-delitti sotto il titolo «Obligationen wegen präsumtiver Culpa»; Cu. F. VON GLÜCK: Ausführliche Erläuterung der Pandecten, X, Erlangen 1867, 396 spiega la qualificazione quasi ex delicto con la circostanza che la colpa della persona resa responsabile non deve esser provata; similmente F. L. VON KELLER: Pandekten. Vorlesungen, besorgt von W. Lewis, II, Leipzig 18672, 131. Altri studiosi invece - p.e. G. F. PUCHTA: Pandekten, besorgt von A. A. RUDORFF, Berlin 18629, 402; L. ARNDTS: Lehrbuch der Pandekten, Stuttgart 187910, 426; A. BRINZ: Lehrbuch der Pandekten, II 1, Erlangen 18792, 159 ss. - riguardavano i quasi-delitti come fattispecie in cui si verifica una responsabilità per delitto altrui o quella per un fatto simile ai delitti. Comunque diveniva dominante l'opinione di H. DERNBURG: Pandekten, II, Berlin 19006, 16 e di B. WlNDSCllEID: Das Lehrbuch des Pandektenrechts, Leipzig 19069, II 984 ss., i quali non attribuivano al concetto del quasi-delitto che una rilevanza meramente storica e non lo applicavano più nella trattazione del Pandektenrecht.

[89] Oltre al capitolo II del titolo IV del livro III del Code civil francese intitolato Des délits et des quasi-délits il termine quasi-délit si trova anche nell'art. 1370 (al. IV), il quale mostra la ricezione della quadripartizione giustinianea nel Code civil.

[90] II legislatore del Code civil ha indubbiamente inteso per quasi-delitto l'illecito colposo, cf. Code Napoleon suivi de l'exposé des motifs, V, Paris 1808, 261: «C'est dans ce défaut de vigilance sur lui-mème qu'existe la faute, et c'est cette faute qu'on appello en droit quasi-délit, dont il doit reparation.)) Cf. COING: Europäisches Privatrecht (n. 80), I 396.

[91] Cf. CANNATA: Quasi-contmtti e quasi-delitti (n. 75), 34.

[92] Vedi al. II e V dell'art. 1384; artt. 1385 s. Cf. SerraO: Impresa e responsabilità (n. 19), 112.

[93] In questo senso orientavasi la giurisprudenza piemontese circa gli artt. 1501 s. del Codice Albertino, vedi CANNATA: Quasi-contratti e quasi-delitti (n. 75), 34.

[94] L'esistenza di un articolo speciale sulla responsabilità per negligenza e imprudenza nel Code civil è superflua e può esser fatta risalire alla giustapposizione tradizionale del delitto e quasi-delitto quale illecito doloso e colposo, cf. WATSON: Roman law and comparative law(n. 1), 198.

[95] Sto prescindendo dal fatto che nell'art. 1384 si trovano anche riferimenti alla responsabilità du fait des choses.

[96] Cf. CANNATA: Quasi-contratti e quasi-delitti (n. 75), 34. Per le fattispecie regolate negli artt. 1384 ss. de! Code civil si usa nel linguaggio giuridico francese, invece del termine quasi-délit, semplicemente il vocabolo responsabilità, vedi IiOCHSTElN: Obligationes quasi ex delieto (n. 15), 144; ZIMMERMANN: The law of-obligations (n. 21), 20109.

[97] Vedi p.e. COING: Europäisches Privatrecht (n.80), II 520; BAR: Gemeineuropäisches Delikstrecht, (n. 32), I 8 e 109.

[98] Per quanto riguarda tali ipotesi, vedi p.e. §§ 1313a. ss. dell'ABGB austriaco del 1811; artt. 1903 ss. del Código civil spagnolo del 1889; §§ 831 ss. del BGB tedesco del 1896, artt. 55 ss. del CO svizzero del 1911; artt. 2048 ss. de. Codice civile italiano del 1942; §§ 347 ss. del Codice civile ungherese del 1959; artt. 491. ss. del Código civil portoghese del 1966; artt. 1459 ss. del Code civil Quebec** 1994.

Lábjegyzetek:

[1] Il saggio presente è in corso di pubblicazione anche negli Studi in onore di Mario Talamanca, Napoli 2001.

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