Benché la nostra civilta accetti - in teoria - un sistema di norme universale - quello dei diritti umani -, ne manca una vera e propria fondazione. O, per meglio dire, vi sono parecchie fondazioni, in dialettica l'una con l'altra, mentre i recenti documenti ufficiali sui diritti umani non parlano delle fondazioni teoretiche. Le dichiarazioni famose del XVIII° secolo si riferivano ancora a Dio o all'Essere Supremo, ma quelle del XX° secolo (anzitutto la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948) danno per scontato il fatto che questi diritti esistono, e non si occupano del problema dei loro fondamenti teoretici. Anche una parte considerevole degli autori contemporanei accetta semplicemente il consenso sull'esistenza di questi diritti, dicendo che oggi il vero compito é farli valere invece di occuparsi della loro fondazione teoretica. (Cosi pensa, per esempio, Norberto Bobbio.[1] ) Ma questa opinione é un po' precipitata. Se non é dimostrata nemmeno la mera esistenza di questi diritti, come si puo richiedere che siano accettati da tutto il mondo? Del resto, questo consenso non é neanche indiscusso, perché da una parte ci sono molti filosofi occidentali che negano l'esistenza dei diritti umani o naturali,[2] dall'altra nel mondo non-occidentale c'é una certa resistenza all'influenza della concezione di questi diritti, presi per uno strumento dell' "imperialismo culturale" occidentale.
Il sopraddetto consenso occidentale e la resistenza non-occidentale sono spesso incoerenti. In Occidente é luogo comune il pensiero secondo cui nella morale tutto é questione di tradizione, di fede, di sentimenti, di convinzione personale, e non ci sono delle norme oggettive, e cosi molti comportamenti prima proibiti devono essere oggi permessi; pero questa richiesta viene fatta con riferimento ai diritti umani come elementi di un sistema morale universale, oggettivamente valido. Il mondo non-occidentale,
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invece, mentre protesta contro l'influenza del sistema dei diritti umani come un universalismo oppressore, si riferisce al diritto allo sviluppo indipendente delle diverse culture, o dice che il comportamento dell'occidente é immorale. Ma cosi suppone implicitamente un sistema di norme universale, nel cui nome si puo condannare l'Occidente e affermare il diritto allo sviluppo autonomo. Se non esiste una tale misura universale, nessuna civilta ha un fondamento morale per protestare contro una qualsiasi aggresione culturale o fisica dalla parte di un altra civilta.
Anche da quanto detto é chiaro che non é inutile esaminare la possibilita della formulazione di una legge morale universale. In cio che segue provero a dare l'abbozzo di un modo possibile di far rinascere l'idea della legge naturale o diritto naturale nel senso classico. (E in questo testo usero le espressioni "legge naturale" e "diritto naturale" generalmente come equivalenti, benché non tutti gli autori facciano cosi. Ambedue indicheranno un sistema di norme corrispondente alla natura umana. Se invece voglio parlare di uno dei diritti che le persone hanno secondo questo sistema di norme, lo chiamero un "diritto umano". Cioé le prime due espressioni corrisponderanno all'inglese natural law, la terza invece al natural right o human right.)
Per avere una legge naturale dobbiamo sapere qualcosa della natura umana. La natura di una cosa - nel senso aristotelico-tomistico - é la sua essenza, intesa dal punto di vista dell'operazione. Nel caso di un animale (genere prossimo dell'uomo) l'operazione (attivita) si realizza nella soddisfazione dei bisogni. L'attivita dell'animale in generale si limita alla propria conservazione e alla riproduzione della specie. ogni animale adempie questa attivita nella sua maniera specifica, ma sempre senza riflessione e sempre limitandosi ai bisogni biologici. L'uomo é un'eccezione da questo punto di vista, perché 1) ha attivita molteplici, la scelta delle quali si allarga dinamicamente, e trascende i limiti dei bisogni strettamente biologici; e 2) quest'attivita é cosciente, seguendo uno scopo, un'anticipazione puramente mentale di una realta futura ancora inesistente (e, anche in generale, l'uomo é capace di tenersi a distanza dall'ambiente concretamente dato), e nel corso di questo processo d'ampliamento dei bisogni e delle attivita corrispondenti cresce continuamente il dominio umano razionale sul mondo.
L'uomo é tanto piu umano, tanto piu corrisponde alla sua natura, quanto piu é ampia questa scelta di bisogni e quanto piu l'uomo ha un controllo razionale del mondo, ivi compresi, come vedremo, anche il suo mondo artificiale e i suoi impulsi interni.
Questo processo di differenziazione e di ampliamento dei bisogni e delle attivita loro corrispondenti in parte genera attivita e bisogni che nel mondo "sotto" l'uomo sono completamente sconosciuti (per esempio il bisogno estetico e l'attivita artistica), in parte invece umanizza delle attivita e dei bisogni esistenti gia anche nel mondo puramente biologico: l'istinto della propria conservazione e della riproduzione della specie viene seguito in un modo specificamente umano. Non laceriamo la carne cruda con denti ed unghie, invece esistono l'arte culinaria e l'etichetta (qui in quanto regolatrice del modo conveniente di mangiare); ed anche nella sessualita umana ci sono degli elementi trascendenti il livello puramente biologico: esistono l'amore sessuale, l'erotica, il corteggiamento, e delle istituzioni come il matrimonio e la famiglia.
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La moltitudine e la diversita dei bisogni umani si basa - almeno in parte -su una proprieta umana chiamata da Arnold Gehlen "die Hemmbarkeit und die Verschiebbarkeit der Bedürfnisse und Interessen", cioé "l'impedibilita e la trasferibilita dei bisogni e degli interessi".[3] Questo vuol dire che c'é in noi una specie di "plasmabilita": una cosa che originariamente era per noi soltanto un mezzo, puo divenire uno scopo, che ci interessera per sé stesso, cioé l'interesse si traspone dallo scopo originario al mezzo, mentre, naturalmente, anche lo scopo puo mantenere la forza motivante per noi. (Per esempio il lavoro, originariamente un mezzo dell'uomo per il suo sostentamento, puo divenire in sé una sorgente di gioia e soddisfazione.) Questa nostra proprieta é in rapporto stretto con la nostra capacita di tenerci a distanza dalla situazione presente, non soltanto dall'ambiente esterno, ma anche dai nostri propri impulsi interni momentanei: possiamo impedire il funzionamento di questi se sono sfavorevoli dal punto di vista del nostro scopo preferito. Anche questo autocontrollo fa parte del dominio razionale gia menzionato.
Questa crescita della complessita dei bisogni e delle attivita é in sé naturale: abbiamo visto che l'allargamento della loro scelta corrisponde alle tendenze dell'essenza umana. L'unico limite é costituito dalle precondizioni ontologiche della stessa natura umana: se un nuovo bisogno (o, per meglio dire, l'attivita che gli corrisponde) ha un certo contenuto, che minaccia le fondamenta dell'esistenza dei bisogni umani e delle attivita umane in generale, cioé il fondamento della vita (veramente) umana come tale, allora si puo dire che questo bisogno concreto e quest'attivita concreta contraddicono la natura umana. (Per esempio il lavoro e generalmente l'attivita economica sono in sé fenomeni completamente umani: originariamente un mezzo umano per soddisfare il bisogno della propria conservazione, pian piano diventano uno scopo seguito per sé stesso, una sorgente nuova di gioia. Ma se diventano un fine a se stesso, nel senso che il suo soggetto subordina tutto a quest'attivita economica, all'aumento del profitto, allora cio puo minacciare le fondamenta della vita umana, o in generale la biosfera, come é noto dagli segni sempre piu visibili della crisi ecologica.)
Cioé: se affermiamo l'esistenza della natura umana, espressa nell'aumento della complessita delle attivita e nel progresso del controllo razionale del mondo, allora dobbiamo limitare un po' la scelta di dette attivita, proprio in vista di queste ultime. (Se non escludiamo certe attivita concrete, é possibile che fra poco non ci saranno alcune attivita umane come tali.)
La realizzazione del controllo razionale sulla natura esterna e la molitiplicazione delle attivita non sono l'opera di un solo individuo e nemmeno di una sola generazione. Tutto cio si realizza soltanto come il risultato di molte generazioni, ed il processo - in principio - é infinito. Cosi tutto questo processo richiede l'esistenza di una lunga serie di generazioni e l'accumulazione delle attivita umane. Questa accumulazione presuppone che i risultati sopravvivano agli individui concreti. In altre parole: presuppone l'oggettivazione delle attivita. (Il termine "oggettivazione" in questo
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testo puo significare anche il risultato del processo oggettivante, cioé anche l' "oggettivato", e non soltanto il processo stesso.) L'uomo individuale non ripete la vita dei suoi genitori, invece la continua li, dove loro l'hanno interrotta, perché durante la sua educazione (e anche dopo) puo interiorizzare e concentrare i risultati della storia umana precedente, contenuti nelle oggettivazioni. Queste ultime sono in parte fisiche, in parte spirituali. Quelle fisiche sono piu palpitanti: opere d'arte, edifici, strumenti, macchine ecc. Ma quelle spirituali (le regole, i metodi di lavoro, le conoscenze, le norme ecc., in breve: la tradizione, e, naturalmente, la lingua) sono piu fondamentali, perché queste ultime contengono anche il modo di usare e produrre le oggettivazioni fisiche. La totalita di queste oggettivazioni in questo studio sara chiamata cultura.
Ma da quanto detto risulta chiaro che l'uomo ha bisogno della societa. Il funzionamento normale della natura umana presuppone l'esistenza continua della moltitudine delle generazioni. (Certo, anche l'utilita della divisione del lavoro é una delle basi importanti della societa, ma é molto piu importante il fatto che l'uomo dipende necessariamente dalle oggettivazioni, e, tramite queste, da altri uomini capaci di trasmettergli le oggettivazioni spirituali, compresi i modi di usare e produrre quelle fisiche.)
Per ottenere il dominio razionale del mondo, l'uomo ha bisogno di conoscenze vere sulla realta esterna, dal momento che non é un essere diretto automaticamente dai suoi istinti. All'inizio (della storia mondiale e della vita di ciascun individuo) il mondo é sempre - con l'espressione di Gehlen - un "campo di sorprese" ("Überraschungsfeld").[4] L'uomo é interessato nella diminuzione del detto campo, il quale é costituito in parte dal mondo fisico e biologico. Deve sapere, durante la sua attivita, come reagisce questo mondo non umano alle sue operazioni. La diminuzione di questo "campo di sorprese" é un processo senza fine. In ogni caso ci stiamo sempre avvicinando alla conoscenza completa della realta oggettiva. Ma l'esistenza della societa (inevitabile per l'uomo) rende questo processo d'avvicinamento ancora piu difficile: l'esistenza di altri soggetti (cioé di altri centri di attivita) - con pensieri, intenzioni, sentimenti, attitudini diversi ecc., il cui contenuto é invisibile per noi - accresce ancora questo "campo di sorprese": é dunque una sfida nuova per noi.
Dal momento che questa sfida é inseparabile dalla nostra natura, lo é anche la sua soluzione: esistono delle norme di comportamento che rendono - almeno a grandi linee - prevedibili e favorevoli per noi le azioni degli altri e viceversa. Cioé esistono norme morali che rendono probabile il fatto che gli altri non mi aggrediranno, non disturberanno i miei beni e mi diranno la verita. Senza queste regole non potrebbe esistere nemmeno la comunita umana piu primitiva.
Per molti la funzione della morale si limita alla sopraddetta sfera, cioé alla difesa reciproca degli interessi individuali. Ma in realta c'é anche un'altra funzione, non meno importante della prima. Abbiamo visto che il funzionamento normale dell'essenza umana presuppone anche l'esistenza continua della societa umana, cosi la natura umana richiede anche l'assicurazione delle precondizioni di questa esistenza continua.
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Le dette precondizioni possono essere divise in tre gruppi:
a) le oggettivazioni, gia menzionate,
b) la riproduzione fisica della societa, cioé la nascita di nuove generazioni,
c) le precondizioni fisiche e biologiche (le precondizioni non-artificiali) dell'esistenza umana: sorgenti d'energia, materie prime, condizioni ecologiche favorevoli per l'uomo ecc.
Tutto questo é oggetto di regole morali. ogni societa regola in qualche modo la vita sessuale e familiare per far sopravvivere la popolazione e per assicurare le condizioni favorevoli per l'educazione delle nuove generazioni.[5] Le oggettivazioni fisiche sono difese con le regole contro il furto, la distruzione ecc., ma, come abbiamo visto, é molto piu importante la trasmissione del sapere dell'uso e della produzione di queste oggettivazioni, e anche la trasmissione di altri comportamenti che non sono in contatto cosi diretto con oggetti fisici. Il sapere e la pratica, trasmessi cosi, corrispondono alle virtu intellettuali e morali nel senso classico.
Per quanto riguarda il terzo punto sopra menzionato: la tematizzazione del problema ecologico é abbastanza recente nella storia dell'umanita; come tale era sconosciuta nella societa premoderna. Pero ci sono certe norme tradizionali che dimostrano che questa problematica non era completamente ignota; basta pensare alla riprovazione dello spreco, l'importanza della temperanza, l'opinione sfavorevole premoderna sull'accumulazione dei soldi come fine a se stessa (per esempio gli argomenti d'Aristotele e di San Tommaso contro l'interesse).[6]
Ma anche se questo terzo tema nella sua forma esplicita é molto recente (e se gli esempi qui summenzionati sono soltanto in rapporto indiretto con l'ecologia), questo fatto non diminuisce la sua importanza, e si inserisce logicamente fra le norme tradizionali di difesa della vita.[7] Infine, come vedremo fra poco, il riconoscimento delle regole morali é un processo storico.
E facile da notare che i beni difesi da queste tre classi di norme considerati insieme possono venire identificati piu o meno con il bene comune, se quest'ultimo é definito in qualche modo come l'insieme delle condizioni esterne e comuni della vita umana.[8]
Esse sono veramente le precondizioni necessarie per la realizzazione della vita umana corrispondente alla nostra natura. (Bisogna riconoscere che queste condizioni non sono quelle di un ideale scelto arbitrariamente, invece sono le precondizioni di tutte le attivita umane, almeno se vogliamo che la possibilita di queste sia duratura.)
Ci sono delle diverse concezioni del bene comune. Quest'ultimo significa per certi autori un benessere comune o una felicita generale, per altri l'interesse generale
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o l'utilita comune o qualsiasi altro scopo, e ci sono dei teoretici che lo prendono per le condizioni necessarie di uno scopo determinato. Molti autori cattolici usano l'espressione "bene comune" cosi, cioé per designare le cose che in qualche senso sono le condizioni della vita veramente umana.
In Maritain, che attribuisce un'importanza grande a questa nozione, c'é un'ambiguita apparente nell'uso dell'espressione. Da un lato dice che il bene comune é "la buona vita umana della multitudine", cioé uno scopo, dall'altro lato invece, quando enumera degli elementi del bene comune, menziona soltanto delle cose che sembrano piuttosto condizioni di uno scopo. Dice, che il bene comune é costituito in parte dai "beni o servizi d'utilita pubblica o d'interesse nazionale (strade, porti, scuole ecc.)", dalla rete "di leggi giuste, di buone consuetudini, e d'istituzioni sagge che danno alla nazione la sua struttura", dall'"eredita delle sue grandi memorie storiche, dei suoi simboli e delle sue glorie, delle sue tradizioni vive e dei suoi tesori di cultura" ecc., in parte invece da "coscienza civica", "virtu politiche", "attivita, prosperita materiale e ricchezze dello spirito", "sapienza ereditaria", "rettitudine morale", "giustizia, amicizia, felicita e virtu" ecc.[9]
Ma la contraddizione non é che apparente. Dobbiamo ricordarci che Maritain qui enumera delle oggettivazioni. E queste esistono come tali soltanto se sono in uso. Questo diventa subito chiaro nel caso dei beni spirituali menzionati da Maritain: le virtu, le memorie, le tradizioni, le usanze ecc. non possono esistere in se stesse, ma soltanto per mezzo degli uomini che le rappresentano, conservano, praticano, trasmettono l'uno all'altro ecc. La loro esistenza si identifica con il loro funzionamento. Cosi, se queste condizioni ci sono, cio significa che, almeno in qualche misura, é gia realizzato anche lo scopo, cioé la buona vita umana della multitudine, poiché noi siamo veramente uomini proprio in quanto queste cose funzionano. (La loro esistenza coincide con la nostra attivita.)
Ma in realta tutto cio é valido anche nel caso delle oggettivazioni fisiche: un edificio di scuola o una strada sarebbero soltanto un ammasso di pietre dopo l'estinzione della specie umana, non sarebbero essenzialmente differenti dalle pietre che si trovano nella natura. La strada o la scuola sono se stesse soltanto finché sono usate da uomini.
Nel testo citato Maritain menziona soltanto le oggettivazioni (benché non usi questo termine). Non parla della riproduzione della societa, perché sessanta anni fa, quando il testo citato é nato, non era ancora presente il pericolo della diminuzione della popolazione occidentale. Maritain poteva allora prendere per naturale che le generazioni si susseguissero regolarmente. Ma é chiaro che senza uomini viventi le oggettivazioni sono senza ragione d'essere, e che anche la riproduzione fisica della societa é una condizione necessaria per l'esistenza normale della natura umana. Cosi non é arbitrario se diciamo che anche la sopravvivenza della nostra specie appartiene al bene comune. Del resto cosi rimaniamo in armonia con il tomismo accettato anche da Maritain, poiché anche San Tommaso ha menzionato la sopravvivenza della specie
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umana come un bene comune.[10] E cosi anche i fattori ecologici ecc., enumerati da me nel punto c) sono riconosciuti implicitamente, poiché se la continuazione della storia umana é voluta, devono essere volute anche le sue condizioni. Naturalmente tutto il complesso dei problemi ambientali era sconosciuto per l'epoca premoderna, ma anche nell'epoca di Maritain pochi vedevano ancora l'importanza reale di questo tema. Pero questi elementi s'inseriscono logicamente fra quelli del bene comune. Ed anche qui, nel caso della sopravvivenza della specie umana e dell'assicurazione delle condizioni ambientali é vero che la pratica stessa di far sopravvivere la societa e d'assicurarne le condizioni ecologiche é contemporaneamente scopo e mezzo. Nel caso della sopravvivenza questo é chiaro: qui tutto esiste per mezzo delle istituzioni umane (matrimonio, famiglia), la cui esistenza coincide con l'attivita umana. Ma anche le condizioni ambientali, in quanto lo sono, cioé in quanto sono fondamenta della vita umana, e come tali sono oggetti della cura umana, della preoccupazione umana, gia dipendono dall'attivita umana: possono esistere solamente in quanto l'attivita umana si svolge in una certa maniera, in una certa direzione che le rispetta, che non conduce al loro annientamento.
ora, formulando di nuovo la doppia funzione della morale, possiamo dire che questa deve assicurare contemporaneamente il rispetto reciproco degli interessi di tutti gli individui e la conservazione (e, se é possibile, l'ampliamento) del bene comune.
Per far osservare le norme necessarie la societa impiega delle sanzioni. Queste non sono sempre giuridiche. Si puo pensare anche a una reazione spontanea dell'opinione pubblica, cioé ad una pressione sul violatore di una regola, all'esclusione del peccatore da certe compagnie, al disprezzo pubblico ecc. (Pero non é importante distinguere qui il giuridico dal puramente morale. Il diritto e la morale, per quanto riguarda la loro essenza, servono lo stesso doppio scopo sopraddetto, cioé la difesa dell'individuo e del bene comune.) Ma le sanzioni sono in sé insufficienti. Questo é tanto piu vero, quanto piu é complesso e grande la societa data, poiché é tanto piu difficile il controllo del comportamento degli individui. Cosi oltre il controllo esterno c'é bisogno di qualche forza regolatrice interna dell'uomo. Questo é il ruolo delle virtu morali nel senso classico.[11] Loro ci danno la capacita di fare facilmente e volentieri quello che corrisponde alle norme. Le virtu ci fanno preferire quello che é da preferire secondo le regole morali corrette. Cosi possiamo dire che non soltanto le norme nel senso stretto appartengono alla morale, ma anche le sanzioni e le virtu, dal momento che anche loro sono necessarie per il funzionamento normale della natura umana, poiché le norme sono osservate per mezzo delle sanzioni e delle virtu. (Per questo possiamo esprimerci anche cosi: oltre le norme che prescrivono immediatamente i comportamenti quotidiani degli individui ci sono anche le norme prescriventi il dovere di applicare sanzioni e di educare alla virtu.)
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Abbiamo visto: il ruolo oggettivo ontologico della morale é l'assicurazione del funzionamento normale continuo della natura umana. Dunque: lo scopo primario é che il numero piu grande possibile degli atti umani sia conforme alle norme corrispondenti al sopraddetto ruolo. In questa relazione la virtu originariamente é soltanto un mezzo: dal momento che la costrizione esterna fatta dalle sanzioni é spesso insufficiente o impossibile, e/o in alcuni casi il rispetto delle norme puo richiedere qualche sacrificio sfavorevole per gli interessi dell'individuo, deve esserci un fattore interno, a causa della quale l'uomo osserva volentieri anche da sé le norme.
Pero, come abbiamo visto parlando della "plasmabilita" dei bisogni e degli interessi, un fattore originariamente esistente come mezzo puo divenire un fine a sé stesso. Questo processo in sé corrisponde ancora completamente alla natura umana: abbiamo visto che la moltiplicazione dei bisogni dell'uomo ci rende piu umani. Ma spesso succede che un bisogno nuovo, nato cosi, si separa completamente dal ruolo originario che aveva come mezzo, e infine puo causare anche un effetto sfavorevole dal punto di vista del funzionamento normale della natura umana. La virtu diviene spesso un fine a se stessa per l'uomo che ne dimentica la funzione originaria e ne vede soltanto il valore per cosi dire "estetico". Per esempio la fortezza viene apprezzata in sé, indipendentemente dall'atto nel quale si esprime, e cosi un nazista o comunista coraggioso e un martire cristiano avranno lo stesso valore. Un fenomeno simile puo essere osservato anche nel caso di altri elementi della morale: la "liberta" (nel senso di libertas a coactione) dell'atto spesso viene preferita alla sua armonia con le regole morali. Anche in questo caso possiamo dire: se qualcuno é capace di osservare le norme anche senza costrizione esterna, questo fatto é in sé buono dal punto di vista del funzionamento della nostra natura. Ma se la liberta in questo senso diviene per lui fine a se stessa, e vuole scegliere sempre quell'atto al quale non é costretto dall'esterno, rifiutera anche gli atti conformi alla funzione sopraddetta della morale, in quanto eventualmente é costretto da fuori ad eseguirli. Cosi agisce contro il funzionamento normale della natura.
Dunque anche qui é valida la regola, della quale abbiamo gia parlato a proposito del lavoro: la moltiplicazione dei bisogni specificamente umani é un fenomeno positivo dal punto di vista della nostra natura finché non minaccia i fondamenti stessi dell'essere di questi bisogni, per esempio la morale che assicura il funzionamento del mondo umano.
Le sfide ed i compiti ad esse corrispondenti, per quanto riguarda la morale, sono gli stessi per tutte le societa. Queste devono difendere gli individui l'uno dall'altro ed allo stesso tempo assicurare il bene comune nel senso sopra descritto. Cioé devono da un lato proibire l'omicidio (ed in generale l'aggressione), il furto, la menzogna ecc., dall'altro lato organizzare la famiglia, l'educazione, la conservazione del sapere concentrato nelle oggettivazioni spirituali ecc. Se questi compiti sono gli stessi per ogni comunita, ogni popolo, ogni civilizzazione, perché troviamo delle differenze grandi nelle regole morali di tempi e luoghi diversi? E come possiamo cosi arrivare da una legge naturale nel senso classico? Quale dei sistemi di norme delle diverse societa é l'autentica? Come si puo misurare questi diversi sistemi? Se esaminiamo due societa che danno soluzioni diverse allo stesso problema, ma ambedue esistono
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da molto tempo, questo fatto gia in sé dimostra che entrambe hanno la stessa vitalita, cioé che tutti e due i sistemi di norme corrispondono alla doppia funzione della morale, dalla quale abbiamo parlato. Come possiamo evitare il relativismo morale?
Ebbene, la misura é fornita dalla stessa concezione antropologica sulla quale é basata la nozione della natura umana qui sopra presentata. Secondo questo ci sono due fattori che possono rendere una societa piu umana, piu corrispondente alla nostra natura: l'arricchimento in attivita specialmente umane e la crescita del dominio razionale umano del mondo. Se consideriamo due societa che dal punto di vista della stabilita, della sicurezza della riproduzione fisica della popolazione ecc. sono uguali, allora dalle due, ceteris paribus, é piu umana quella che offre una scelta piu grande di diverse attivita (cioé é piu complessa) e che é piu avanzata dal punto di vista dello sviluppo di questo dominio razionale. Naturalmente nel dominio é compreso anche il controllo del mondo umano, artificiale, culturale, cioé del mondo fatto da noi stessi, anche il controllo dell'assicurazione del bene comune: poco valgono in sé il sapere puramente tecnologico di fare cambiamenti fisici o biologici e l'ampia scelta di attivita umane (per esempio di divertimenti raffinati) se nel frattempo il Tutto sociale é in stato di disintegrazione. Non si tratta di uno sviluppo tecnologico o di una moltiplicazione delle attivita solo nel senso puramente quantitativo, senza rispettare le precondizioni della vita umana come tale (che, del resto, sono anche le precondizioni di questa moltiplicazione stessa, cioé sono piu fondamentali di quest'ultima, dal punto di vista ontologico).
Cioé bisogna basarsi sul processo durante il quale l'uomo accresce il suo dominio razionale del mondo e moltiplica le attivita specialmente umane:[12] le diverse societa possono essere paragonate tra loro se usiamo il sopraddetto processo come misura, ed una societa corrisponde tanto piu alla natura umana, quanto piu é avanzata in questo processo, ma sarebbe un malinteso se qualcuno (volendo basarsi sui sopraddetti criteri) qualificasse le diverse societa secondo la quantita delle diverse attivita e delle conoscenze puramente tecnologiche. Il dominio razionale - in virtu delle sopraddette considerazioni - comprende anche l'ordine morale, l'autorita reale delle norme, necessarie per l'esistenza continua della natura umana. Dunque: fra i sistemi diversi (ma in sé stessi ugualmente assicuranti l'armonia e l'equilibrio) di due societa é preferibile (dal punto di vista della perfezione della natura umana) quello, il quale appartiene alla societa che, tutto compreso, é piu avanzata nel sovramenzionato processo, e, in questo senso, é piu "naturale" (se per questa parola intendiamo "corrispondente all'essenza umana").
Vediamo un esempio! Nell'epoca paleolitica c'erano delle societa molto durature, il cui sistema morale comprendeva la poligamia. Ci sono anche oggi delle tribu cacciatrici, pescatrici, raccoglitrici che da questo punto di vista rassomigliano molto a quelle paleolitiche. E dall'altro lato ci sono delle societa prescriventi la monogamia, ugualmente
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durature. Su un livello puramente biologico la poligamia é comprensibile: ogni essere vivente tende a massimizzare in qualche modo la presenza dei suoi geni nella prossima generazione. Nel caso della specie umana (e di molte altre specie), dove nel maschio si producono dei semi in quantita praticamente illimitata, mentre nella femmina la quantita degli ovuli é molto piu piccola, questa tendenza di massimizzazione si esprime in "strategie" differenti per i due sessi: il maschio tende a fecondare la quantita piu grande possibile di femmine, mentre la femmina, (dal momento che puo avere una quantita abbastanza limitata di posteri portanti i suoi geni) cerca il maschio migliore possibile che puo dare una sicurezza ai posteri comuni, anche se questo maschio ha gia una consorte (o ne ha parecchie). Cosi nel periodo piu antico della storia umana é dominante la poligamia. E chiaro, pero, che questa crea anche dei conflitti fra gli uomini, perché il numero delle donne non é sufficiente. Cosi in queste societa é continuamente presente l'aggressione, anzi sono frequenti anche le guerre interne. Queste condizioni sono ancora tollerabili nel caso di un popolo cacciatore-raccoglitore, ma in una civilizzazione che non soltanto "accetta" le cose trovate nella natura, ma trasforma piu attivamente il mondo, cioé che coltiva la terra, edifica delle dighe, mura di citta ecc. (ed in questa relazione é piu umana delle civilizzazioni anteriori), c'é bisogno di un'organizzazione piu solida, una cooperazione piu stretta, e tutto cio richiede l'esclusione delle sorgenti potenziali di violenza, d'aggressione. Cosi é comprensibile che ci sia una tendenza chiara storica di sostituire la poligamia con la monogamia.[13] Cioé: la monogamia appartiene ad un tipo di societa o ad uno stato sociale che, nella sua totalita, corrisponde meglio alla natura umana, é piu avanzata nel processo (antropolgicamente fondamentale) del quale ho gia parlato parecchie volte.
Del resto, questo esempio dimostra che la natura nel nostro caso non é da confondere con i fattori biologicamente innati dell'uomo. Questi fattori sono inseriti nel tutto dell'essenza umana, gli sono subordinati, e vengono qualche volta frenati in vista sua. La natura umana, ripetiamo, corrisponde al complesso delle diverse attivita e dei diversi bisogni moltiplicantisi dinamicamente che presuppongono anche il controllo razionale spesso menzionato.
Dobbiamo evitare anche un altro malinteso possibile. La crescita del dominio razionale non implica necessariamente un'espansione spaziale infinita, uno sfruttamento sempre piu esteso dell'ambiente, delle sorgenti d'energia, delle materie prime. E evidente che qualsiasi dominio presuppone l'esistenza del dominato. Sarebbe contraddittorio un dominio che favorirebbe dei processi pericolosi per il dominato. Se - come abbiamo visto - é naturale per l'uomo l'esistenza duratura della societa, allora é innaturale un'attivita che puo causare (direttamente o indirettamente) l'annientamento della
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societa. Il contenuto delle diverse attivita e del controllo razionale corrisponde alla natura umana se non é contro le precondizioni ontologiche di queste attivita stesse e questo controllo stesso, cioé contro la societa e la sua cultura, sopravviventi alle generazioni concrete. Cosi questo dominio o controllo razionale significa anzitutto che l'attivita umana diviene sempre piu cosciente, e che cresce la conoscenza dei rapporti causali del mondo (compresi anche quelli sociali, mentali ecc., non soltanto quelli del mondo non-umano). Questa conoscenza si estende anche a quelli rapporti causali che determinano i limiti dell'attivita umana; che ci indicano, che cosa non possiamo fare se non vogliamo l'annientamento del nostro mondo. Anche l'assicurazione dell'esistenza del dominio fa parte del domino, e cosi l'espansione spaziale e lo sfruttamento delle condizioni ambientali ecc. sono subordinati all'esistenza del mondo umano: la nascita di nuove attivita e l'uso di nuove conoscenze relative ai rapporti fisici e biologici sono preferibili (come corrispondenti alla nostra natura), a condizione che siano in armonia con la durabilita della societa che é il fondamento di tutto questo processo d'arricchimento. Certi contenuti vengono esclusi dal processo, per difendere il processo come tale.
Per ritornare al filo conduttore del nostro discorso: dall'esempio della poligamia abbiamo visto che ci sono delle regole morali transitorie che sono rese possibili o necessarie a causa di circostanze storiche concrete, le quali, pero, sono passeggere e piu tardi vengono sostituite con circostanze nuove, corrispondenti meglio alla natura umana, e le regole morali nuove, formulate in queste nuove circostanze, possono essere dette piu "naturali" di quelle anteriori.
Ma tutto cio ci rivela soltanto che lo sviluppo della morale ha qualche tendenza, qualche direzione riconoscibile. Cosi il relativismo é eliminato soltanto in parte: possiamo gia comparare le diverse culture o societa, affermare che l'una é piu sviluppata, piu "umana" dell'altra, ma non sappiamo se questo cambiamento delle norme sia finito o meno. Se non lo é, allora non possiamo mai arrivare ad un sistema di norme che puo considerarsi definitivo, il piu corrispondente possibile alla natura umana, e dobbiamo rinunciare alla ricerca della legge naturale nel senso classico.
Anche in questo caso abbiamo gia ottenuto qualche risultato: vediamo che oltre la difesa degli individui la morale ha anche un'altra funzione: la difesa del bene comune. La morale deve regolare in qualche modo la riproduzione della popolazione, la conservazione delle oggettivazioni, la difesa dell'ambiente, e queste cose non sono "affari privati" come lo vuole intendere il filone del pensiero individualistico.
Pero ci sono degli argomenti favorevoli a una risposta affermativa alla questione: questo sviluppo delle norme puo essere, almeno nel caso di certe norme, finito. Le norme cosi ottenute, definitive costituiscono nel loro insieme una legge naturale nel senso classico.
Nel testo presente, naturalmente, non é possibile elaborare interamente tutta questa legge (questo, l'ho fatto, almeno nelle linee generali, in un libro pubblicato parecchi anni fa in ungherese[14] ). Ora presento un solo esempio, e poi prendo per dimostrato che ci siano delle norme definitive.
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L'esempio é il seguente. Oggi, almeno secondo il consenso occidentale, é riconosciuto che la morale proibisce l'uccisione di un uomo innocente. (Certo, ci sono delle discussioni per quanto riguarda il caso dell'aborto, dell'eutanasia ecc., ma adesso facciamo astrazione da questi casi.) In molte societa premoderne spesso ritengono che sia moralmente permesso uccidere persone innocenti: per esempio gli stranieri, i neonati, i vecchi genitori, o le presone consegnate ad un rito di sacrificio umano. Tutti questi casi sono storicamente transitori: l'uccisione dei bambini neonati
o dei vecchi si spiega per lo piu con la quantita insufficiente degli alimenti, lo straniero invece non é considerato un membro della comunita morale, anzi qualche volta non é nemmeno preso per uomo. I fattori spieganti queste omicidi permessi sono evidentemente transitori. La crescita del dominio razionale umano del mondo crea delle circostanze nelle quali una comunita é capace di alimentare tutti i suoi membri. (Questo livello é gia ottenuto. La fame nel mondo attuale é causata dalla sistemazione irrazionale dell'economia e non dai limiti della produzione degli alimenti.) Anche l'efficacia del sacrificio umano viene messa in dubbio, presto o tardi, in particolare quando il popolo in questione ha contatti con altri popoli che hanno un'esistenza duratura senza questa pratica. Per quanto riguarda l'uccisione degli stranieri, bisogna menzionare la tendenza dell'allargamento della comunita morale. Questa tendenza significa che sono sempre piu grandi i gruppi, nei quali le norme morali difendono tutti i membri (mentre le persone non appartenenti al gruppo in questione sono ancora presi per nemici o almeno per indifferenti). Dalle comunita piccolissime, attraverso i gruppi di parecchie centinaie di membri, attraverso
i popoli, regni ed imperi comprendenti milioni di persone, ed attraverso le civilizzazioni di continenti intere, arriviamo fino ad una comunita morale mondiale di tutti gli uomini. Anche questo processo corrisponde alla nostra natura. E evidente che la cooperazione é impedita non soltanto dall'aggressione entro una comunita data, ma anche dal continuo stato di guerra tra le diverse comunita, poiché le lotte costanti demoliscono le oggettivazioni fisiche gia esistenti, rendono difficile produrre quelle nuove e impediscono la trasmissione reciproca di oggettivazioni spirituali fra le diverse culture, la quale é un fattore importantissimo dello sviluppo.
Ma se abbiamo gia la regola, secondo la quale l'uccisione di ogni uomo innocente é proibito (cioé se tutta l'umanita costituisce una sola comunita morale, almeno da questo punto di vista), come sarebbe possibile ancora oltrepassare questa comunita mondiale?[15] Dunque con questa norma abbiamo ottenuto una delle regole definitive della legge morale.
Certi ecologisti radicali pensano che la comunita morale sia allargabile oltrepassando anche l'umanita, accettando come membri anche gli animali e le piante. Ma questo é un'assurdita dal punto di vista teoretico e anche da quello pratico. Se l'annientamento di un essere vivente fosse in ogni caso un peccato, il funzionamento della biosfera sarebbe pieno d'immoralita, anche senza l'uomo, poiché tutti gli esseri viventi si
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alimentano l'uno dell'altro. L'uccisione nel rapporto tra le diverse specie é una cosa completamente naturale. Ma ci sono anche impedimenti pratici del "rispetto" della vita delle altre specie: se cominciassimo a vivere cosi, cioé rispettando tutte le vite, allora fra poco moriremmo di fame.[16]
Le norme ricevute come definitive nel senso qui usato costituiscono la legge naturale. Ma c'é ancora una difficolta. Secondo la concezione tradizionale della legge naturale quest'ultima esiste, per cosi dire, sopra la storia, sempre é valida e riconoscibile, in tutte le epoche e per tutti i popoli. Il nostro sistema sembra, dunque, poco compatibile con quello classico. Pero abbiamo almeno un precedente dell'idea dello sviluppo storico della legge naturale, e cioé nel campo degli autori appartenenti alla teoria classica di questa legge: si tratta del pensiero di Maritain. Cosi siamo forse autorizzati anche noi a dire che il sistema abbozzato qui sopra puo essere chiamato "legge naturale".
Secondo Maritain la legge naturale ha un aspetto ontologico e un aspetto epistemologico: da un lato é vero che le norme della legge naturale autentica hanno un'esistenza sovrastorica, in quanto sempre é vero che queste norme sono le piu adatte, le piu convenienti all'essenza umana, ma, dall'altro lato, il riconoscimento di queste norme é un processo storico, una specie di "evoluzione culturale". (Maritain stesso non usa quest'ultima espressione, pero parla di un processo storico, nel corso del quale si accumulano esperienze morali tramite tentativi, riuscite e fiaschi.) Si forma cosi pian piano un sistema di norme che s'avvicina sempre piu all'ideale.[17] Cosi possiamo evitare il relativismo morale, e allo stesso tempo non dobbiamo condannare come immorali le civilizzazioni che, senza averne colpa, non conoscono ancora la forma autentica della legge.[18]
Il detto processo non é automaticamente favorevole alla natura umana. In un'evoluzione possono succedere casi sfortunati e, in quanto si tratta di un'evoluzione culturale, anche decisioni sbagliate, anzi intenzionalmente contraddicenti le norme necessarie dal punto di vista della natura umana: perché questo processo preso nella sua totalita (cioé come é lo sviluppo di tutti i tipi delle oggettivazioni spirituali) é spontaneo.[19]
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Pero tra i suoi risultati ci sono anche le diverse "tecniche" del controllo razionale del processo stesso, per esempio i diversi progetti di ricerca nel caso delle scienze naturali. Cosi nasce un discorso razionale anche nel caso della morale: ci sono delle formulazioni e sistematizzazioni di norme, e la loro fondazione o giustificazione diviene l'oggetto delle scienze come la filosofia o la teologia, in particolare se ci sono delle nuove situazioni alle quali non si possono applicare le vecchie norme o se c'é un conflitto fra due norme fino allora accettate come ugualmente evidenti.[20] In un simile caso non é sufficiente ritrovare la coerenza interna del sistema, armonizzando le nostre intuizioni morali l'una con l'altra, e ottenere un "equilibrio riflessivo", nel senso usato da Rawls. Nel caso ideale i partecipanti di questo discorso razionale sono consapevoli dello scopo oggettivo sopraddetto (cioé della doppia funzione menzionata) della morale, e la loro intenzione é mantenere l'armonia fra questo scopo e la formulazione delle norme al corso della discussione, facendo sempre la prova di controllo nel modo seguente: se viene trovata una norma potenziale, bisogna esaminare l'universalizzabilita della norma in questione. Bisogna domandare: "Quale effetto sarebbe prodotto dal rispetto universale o generale di questa norma dal punto di vista della funzione doppia della morale? Non sarebbe minacciata la sicurezza degli individui o l'esistenza continua degli elementi del bene comune?"[21]
(Questo metodo non é da confondere con quello che vuole Kant a proposito dell'imperativo categorico. Secondo lui bisogna domandare: "Posso volere che tutti si comportino cosi?" Ma parecchi suoi critici dimostrano che cosi neanche l'omicidio potrebbe essere proibito, perché ci sono delle persone temerarie con inclinazioni avventuriere che risponderebbero: "Io adesso uccido quest'uomo perché cosi servo i miei interessi. Voglio che tutti gli altri si comportino cosi, e non mi disturba che a causa di questo sono anch'io una vittima potenziale. Provero a difendermi personalmente, senza l'aiuto di proibizioni morali. Mi piace questa vita pericolosa."[22] )
Dunque, per ottenere un risultato favorevole dal punto di vista della funzione oggettiva della morale, i partecipanti della discussione devono conoscere questa funzione. Questa conoscenza é minacciata, tra l'altro, dal fenomeno gia menzionato a proposito della virtu: parecchi elementi della morale subordinati alla detta funzione spesso divengono fini a se stessi e offuscano la conoscenza del ruolo oggettivo della morale. (Dall'altro canto, pero, é normale che nella vita quotidiana non siamo sempre consapevoli di questo ruolo, e decidiamo secondo le nostre intuizioni, senza
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pensare al loro rapporto con la funzione oggettiva della morale. Altrimenti le decisioni sarebbero molto lente e complicate, anzi spesso impossibili.)
Per completare questo schema dobbiamo menzionare ancora il famoso problema "essere - dover essere" ("is - ought"). Secondo noi questo problema non impedisce la formulazione della legge naturale. Qui sopra non abbiamo formulato delle frasi imperative o contenenti il verbo "dovere" come conseguenze delle frasi in indicativo e senza la parola "dovere". Abbiamo dato una mera descrizione del funzionamento della natura umana. Non diciamo: "La natura umana é cosi, dunque devi comportarti in armonia con questa natura." Diciamo soltanto: "Ecco il meccanismo del mondo umano. Chi vuole inserirsi in questo meccanismo e servirne l'esistenza continua, deve comportarsi cosi e cosi." (Cioé usiamo una specie di "imperativo ipotetico".)
Accettiamo la tesi secondo la quale dai fatti non possiamo dedurre dei valori, se questa significa l'impossibilita di persuadere sicuramente qualcuno ad accettare un certo valore usando soltanto riferimenti a fatti. Se qualcuno vuole farmi accettare il valore A, ed io domando, perché dovrei accettarlo, egli puo rispondere: "Perché accettando A realizzi il valore B o fuggi il pericolo di C." Questa frase in sé é ancora soltanto una costatazione di un fatto. (Ora supponiamo che questa costatazione sia vera, cioé ci sia veramente un rapporto causale tra il comportamento rispettante il valore A e la realizzazione di B o la fuga da C.) Cosi questa costatazione come tale non ha ancora un effetto sicuro su di me. Tutto dipende dal ruolo di B o di C nel mio sistema di valori. Se B é positivo e/o C é negativo per me, accettero A. Ma in caso diverso l'interlocutore deve continuare l'argomentazione, sempre cercando nel mio sistema di preferenze un punto da dove puo cambiare questo sistema stesso. Se propone per esempio un valore D, dicendo che il rispetto di quest'ultimo richiede l'accettazione di B o il rifiuto di C (ed é veramente cosi), anche l'effetto di questa seconda costatazione dipende dal ruolo di D nel mio sistema di valori. Se D é per me un valore, posso accettare B e/o rifiutare C e tramite quest'atto accettare A. (Naturalemente anche la coerenza interna deve esserci nel mio sistema di valori come un valore N, altrimenti posso dire, per esempio, che non mi interessa la contraddizione tra l'accettazione di B e il rifiuto di A.) E cosi via, forse all'infinito, perché non é mica sicuro che troviamo un valore E o F o G ecc., che sia comune per me e per il mio interlocutore.
Pero la possibilita o l'impossibilita di persuadere qualcuno all'accettazione di un valore A ed il ruolo oggettivo di A nel meccanismo del mondo umano sono due cose completamente differenti. Se il valore A e il comportamento ad esso corrispondente (per esempio l'ambiente naturale e gli atti di quello che lo rispetta) hanno veramente un ruolo necessario nel meccanismo del mondo umano, perché c'é un rapporto causale oggettivo tra il rispetto di A e il buon funzionamento della natura umana, allora il rispetto di A fa parte del comportamento richiesto dalla legge naturale, indipendentemente dal numero delle persone accettanti il valore A. Il contenuto del sistema di valori delle persone concrete dipende da contingenze. Anche se A non é accettato da nessuno e cosi infine il mondo umano crolla, rimane vera l'asserzione che il rispetto del valore A corrisponde alla natura umana, mentre il suo rifiuto lede questa natura. E se la legge naturale si definisce come il sistema delle norme favorevoli per la natura umana
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ed il mondo umano, allora il rifiuto di A é una lesione di questa legge, dunque é un peccato.
E vero che ci sono anche degli altri "imperativi ipotetici" possibili. Ma, dall'altro lato, l'imperativo che favorisce l'esistenza continua del mondo umano, é in qualche modo un imperativo oggettivamente "privilegiato", "marcato", messo in rilievo dal punto di vista ontologico, perché la detta esistenza costituisce la precondizione per tutte le attivita umane possibili, ivi compresa la formulazione di tutti gli imperativi possibili, tra l'altro anche di quelli che sono proprio contro l'esistenza del mondo umano (per esempio l'imperativo di quello che si prefigge coscientemente lo scopo di distruggere la civilizzazione).
Che spazio hanno i diritti umani nella legge naturale cosi ottenuta? Se seguiamo questo imperativo privilegiato, il suo contenuto sara l'elenco dei comportamenti che dobbiamo affermare come le precondizioni dell'esistenza e del funzionamento della natura umana. Cosi nel nostro sistema di legge naturale gli elementi primari sono i doveri invece dei diritti. Ma anche questi ultimi possono venire dedotti, definiti proprio con l'aiuto dei doveri. (Anche la genesi della nozione di diritti umani o naturali é avvenuta cosi nel pensiero europeo. Quando, nella scolastica, é nata questa nozione, l'espressione "diritti naturali" significava lo spazio rimasto libero dopo la definizione dei doveri e delle proibizioni: l'uomo aveva diritto a quello che non era né obbligatorio, né vietato secondo la legge naturale.[23] )
Il rapporto dovere-diritto che propongo io é il seguente. Un diritto non é altro che la combinazione di doveri ed assenze di doveri. Io ho il diritto al comportamento X (dove X puo significare anche un comportamento nel senso stretto, cioé un'azione, ma anche il possesso o l'usufrutto di qualcosa), se non ho il dovere di astenermi da X, mentre altri - appartenenti a un gruppo definito (che puo coincidere anche con tutta la specie umana, anzi con tutti gli esseri razionali dell'universo) - hanno il dovere di aiutarmi a fare X almeno negativamente (cioé lasciandomi praticare X). Se l'aiuto si limita a questo, ho un diritto negativo (é cosi, per esempio, la liberta di parola), se invece gli altri hanno il dovere di aiutarmi positivamente, ho un diritto positivo (come, per esempio, il diritto a un certo livello di benessere).
Cosi, se sappiamo cosa dobbiamo e cosa non dobbiamo fare per conservare l'esistenza e il funzionamento del mondo umano, questa conoscenza delimita anche lo spazio dei diritti.
Vediamo un esempio! E un dovere che gli individui s'astengano reciprocamente dall'aggressione. Questo dovere é richiesto dalle due funzioni della morale gia menzionate, perché da un lato é favorevole per gli individui stessi (diminuisce per loro il "campo di sorprese" gehleniano), dall'altro lato assicura l'ordine necessario per la conservazione ed ampliamento del bene comune. Ma se qualcuno in qualsiasi relazione offende le norme gravemente, in particolare se commette proprio lui un'aggressione nonostante la proibizione, allora bisogna frenarlo, proprio in favore dell'ordine detto (difeso dalla morale a doppia funzione). Ma se freniamo qualcuno,
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necessariamente usiamo "aggressione" in qualche senso: limitiamo la sua liberta con coazione, anzi qualche volta siamo costretti a ferirlo o a ucciderlo. Cosi in questo caso la violenza (contro un aggressore o un altra persona pericolosa per l'ordine) deve essere permessa, anzi spesso é obbligatoria. (Naturalmente la legge positiva deve regolare il modo concreto di questa violenza o "aggressione" permessa.) Altrimenti, cioé se ci fosse una proibizione morale assoluta della violenza, cio sarebbe utilissimo per i criminali: ognuno di loro potrebbe sapere che la sua vittima, se é una persona onesta, non si difenderebbe mai, non volendo commettere un atto violento nemmeno contro l'aggressore ingiusto. Cosi una proibizione assoluta della violenza sarebbe un disastro per il bene comune. Dunque la regola della legge naturale qui é la seguente: l'aggressione contro un innocente é sempre proibita, é invece giusta la violenza contro il "nocente", e quest'ultimo ha il dovere morale di tollerare questa violenza frenatrice e di prenderla per giusta. Quindi io non ho il dovere di tollerare la violenza finché sono innocente (nel senso sopraddetto), e gli altri hanno il dovere di astenersi dall'aggressione, cioé di lasciarmene immune, finché io sono innocente (anzi in certi casi definiti hanno il dovere di aiutarmi positivamente). Questo vuol dire che io ho il diritto di essere immune dall'aggressione o violenza finché sono innocente.
Si vede che qui noi non partiamo dall'esistenza di qualche dignita astratta degli individui ugualmente astratti in una specie di vacuo. Invece il paradigma dominante del consenso attuale occidentale fa proprio questo. Attribuisce anticipatamente un valore assoluto - e indipendente dai meriti - a ciascun individuo, e da questo valore deduce in qualche modo diritti, e poi trova una difficolta seria quando bisogna limitare questi, almeno per gli interessi degli individui stessi. (Di quelli del bene comune non se ne parla piu.[24] ) Poiché cosi bisogna limitare quello che "propriamente parlando" é assoluto e illimitabile, ma al contempo la sua limitazione é inevitabile, dobbiamo necessariamente commettere un "peccato tragico". Se partiamo dai diritti individuali come evidenti, innati ecc., ogni limitazione causa una frustrazione ai soggetti, e sara uno "scandalo".[25]
Nel nostro sistema, invece, la limitazione dei diritti é un fatto normale della vita, richiesto dal funzionamento normale della natura umana. Conosciamo prima i limiti,
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poi il campo della liberta rimasto possibile. Questi limiti sono in realta anche le condizioni necessarie della liberta stessa, dei diritti stessi: il funzionamento continuo del bene comune (nel senso da noi usato) da un lato assicura - tramite le norme regolanti la sessualita, la famiglia, la cura dell'ambiente naturale - la mera nascita dei soggetti potenziali della liberta e le condizioni ecologiche della loro vita, dall'altro lato rende possibile - tramite le norme regolanti la trasmissione e l'ampliamento delle oggettivazioni fisiche e spirituali - in parte l'esistenza di un assortimento culturale che fornisce una materia sufficiente per la liberta di scegliere dalle attivita umane potenziali, in parte invece l'autolimitazione necessaria per il rispetto degli interessi individuali e del bene comune, senza la quale in breve ci sarebbe un'atmosfera anarchica di violenza ed aggressione. E naturale che cosi bisogna limitare un po' la liberta, proprio per difendere le sue precondizioni: sono proibite le attivita che demoliscono queste precondizioni. Altrimenti fra poco non ci sara liberta affatto.[26]
Tutto cio significa che - in virtu della sopraddetta doppia funzione della morale -bisogna ripensare anche la famosa distinzione fra "bene" (good) e "giusto" (right). Lo Stato corrispondente alla legge naturale deve essere piu perfezionista di quello attuale occidentale. Molte cose che adesso sono prese per "affari privati", dipendenti dalle concezioni di "vita buona" scelte a piacere, devono essere in realta regolati da un sistema di norme morali valido per tutti, dal momento che i comportamenti necessari per l'esistenza normale continua della societa non possono venire esposti al capriccio delle decisioni individuali.
Un esempio puo essere la morale sessuale. E chiaro che se questo é un affare privato, la maggioranza sceglie la possibilita piu comoda: rinuncia alla famiglia e pratica il libertinismo, volendo avere soltanto le gioie della sessualita senza gli oneri del contributo alla riproduzione della societa. Lo Stato che vuole corrispondere alla legge naturale, deve promuovere l'accettazione generale dell'idea che in questo campo la famiglia tradizionale accogliente i bambini é da preferire alle altre possibilita, é il luogo normale della vita sessuale e dell'educazione, non é dunque soltanto una delle forme ugualmente permesse dalla morale.[27]
Non penso, naturalmente, alle sanzioni penali giuridiche come modo per difendere tutti i precetti della legge naturale. Quello che propongo é piuttosto una formazione pedagogica - nel senso piu largo possibile di questa espressione - dell'opinione pubblica da parte dello Stato, il quale deve abbandonare il dogma della neutralita morale. In un certo senso dobbiamo ritornare alla concezione d'Aristotele sullo Stato che non é soltanto l'assicuratore della pace: é anche il promotore della virtu.[28] Quindi c'é bisogno di un cambio di paradigma nel pensiero pubblico, se vogliamo evitare una crisi fatale del mondo occidentale (o di tutta l'umanita).■
JEGYZETEK
[1] Norberto Bobbio: The Age of Rights. Cambridge: Polity Press, 1996. 10.
[2] Vedi, per esempio: Alasdair MacIntyre: After Virtue. London: Gerald Duckworth & Co. Ltd., 1985.; Margaret MacDonald: Natural Rights. In Jeremy Waldron (ed.): Theories of Rights. New York: Oxford University Press, 1985. 21-40.
[3] Arnold Gehlen: Der Mensch. Seine Natur und seine Stellung in der Welt. Bonn: Athenäum-Verlag, 1958. 55.
[4] Gehlen op. cit. 38, 140 ecc.
[5] L'unica eccezione é, da molti punti di vista, l'Occidente attuale.
[6] Se é vietato idolatrare i soldi, é quasi impossibile lo sfruttamento attuale della natura.
[7] Un'analogia: nei testi premoderni non si parla della droga, pero oggi possiamo riconoscere senza difficolta che la sua proibizione puo venire inserita logicamente fra le vecchie norme contro il suicidio, contro le diverse forme di autodistruzione ecc.
[8] Cf. Gaudium et Spes, Parte I., Capitolo II., 26.: il bene comune é "l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione piu pienamente e piu speditamente".
[9] Jacques Maritain: La personne et le bien commun. In Oeuvres II. (1940-1963). Choix et notes par Henry Bars. Desclée de Brouwer 1978. 299-300.
[10] San Tommaso d'Aquino: Summa Theologica. II-II. 153. 3.
[11] La nozione di virtu oggi non é molto popolare. Pero non é mica misteriosa. Per limitarci adesso alle virtu cardinali: la fortitudine e la temperanza non sono altre che fattori dell'autocontrollo gia menzionato, la giustizia é la coincidenza delle nostre preferenze con le norme necessarie per la detta doppia funzione della morale, mentre la prudenza é la capacita di applicare le norme astratte alle situazioni concrete.
[12] Queste due componenti del processo sono in stretta correlazione l'una con l'altra: la crescita del dominio diminuisce il tempo necessario per la riproduzione fisica (cioé per l'alimentazione ecc.) della societa, e una parte considerevole del tempo cosi liberato viene usata per approfondire le conoscenze scientifiche, tecniche ecc. sul mondo, e queste conoscenze diminuiscono di nuovo il tempo necessario per la riproduzione, dando spazio ad una scelta ancora piu grande delle attivita peculiarmente umane, e cosi via.
[13] Quest'ultima, del resto, corrisponde meglio anche alla tendenza della moltiplicazione dei bisogni specialmente umani: é vero che la poligamia assicura la riproduzione della societa, ma la monogamia é piu adatta al bisogno di intimita, al fenomeno dell'amore mutuo sessuale ecc., e l'uguaglianza dei due sessi in campo sessuale corrisponde meglio anche alla giustizia. Il valore di quest'ultima e le sue regole possono essere fondati razionalmente, ma qui, per mancanza di spazio, devo supporre il valore della giustizia come accettato, riconosciuto. Il mio esempio e comprensibile lo stesso.
[14] Turgonyi Zoltán: Etika. Budapest: Kairosz Kiadó, 2003.
[15] Per quanto riguarda l'esistenza eventuale di esseri viventi extraterrestri, bisogna dire che questi, in quanto corrispondono alla nozione dell'"animale razionale e sociale", appartengono alla nostra communita morale, perché, dal punto di vista filosofico, anche loro sono esseri umani, anche se biologicamente sono i membri di un'altra specie.
[16] E possibile che qualcuno dica: "Bisogna accettare come il tragico essenziale e insolubile del mondo il fatto che l'uccisione é sempre peccato, mentre é inevitabile uccidere gli esemplari di altre specie. L'importante é che nel frattempo abbiamo rimorso a causa dell'uccisione inevitabile." Ma cosi legittimiamo una mentalita caratterizzabile con la frase "Non é permesso che io lo faccia, ma devo farlo lo stesso". Che c'é se qualcuno vuole applicare questo anche nei rapporti fra uomini? Se ogni uccisione é ugualmente peccato, ma alla stessa volta é inevitabile che uccidiamo, non c'é nessun impedimento teoretico dell'assassinio di qualsiasi uomo innocente!
[17] Jacques Maritain: La loi naturelle ou loi non écrite. Fribourg Suisse: Editions Universitaires, 1986. 20 sgg., 188.
[18] La loro situazione é simile a quella delle persone la cui coscienza morale é "invincibiliter et inculpabiliter erronea".
[19] In questo testo la questione dell'esistenza di Dio é messa tra parentesi (perché volevo usare soltanto argomenti accettabili anche per atei). Pero le contingenze del processo evoluzionistico sono ben compatibili con la fede in Lui, almeno per il lettore cattolico. Basta pensare al concursus divinus e al modo usato da Dio come Motore: Egli muove le cose del mondo immanente adattandosi alla loro natura, e puo ottenere l'effetto voluto secondo il suo piano sia per cause necessarie, sia per cause contingenti. (Vedi, per esempio, San Tommaso d'Aquino: Summa Theologica. I. 19., 8.)
[20] Anche questo discorso razionale morale appartiene al funzionamento normale della natura umana, dal momento che ha qui un ruolo indispensabile in certe situazioni. (Mentre in un certo senso é alla stessa volta anche "all'infuori" di questa natura, "descrive" quest'ultima. La sua posizione é simile a quella della lingua in generale: prima considerata soltanto come descrizione del mondo, la lingua dopo Wittgenstein, Austin ecc. é riconosciuta anche come un fattore del mondo, una cosa con la quale facciamo cambiamenti nel mondo.) Sarebbe uno sbaglio identificare "naturale" e "spontaneo" nel caso dell'uomo, poiché abbiamo visto che la crescita del dominio razionale del mondo é uno dei tratti principali della nostra natura.
[21] Cf. David Hume: An Enquiry Concerning the Principles of Morals. 3. II., capoverso penultimo.
[22] Vedi, per esempio, Andrzej Rapaczynski: Nature and Politics. Ithaca-London: Cornell University Press, 1987, 246. Cf. Alan Gewirth: Reason and Morality. Chicago-London: The University of Chicago Press, 1981, 218.
[23] Cf. Brian Tierney: The Idea of Natural Rights. Atlanta (Georgia): Scholars Press, 1997, 63., 66-68.
[24] Forse ad eccezione della questione dell'ecologia, ma anche qui ci sono dei problemi. Nel linguaggio attuale individualistico dei diritti bisogna sempre cercare un soggetto individuale di diritti verso il quale si puo formulare un dovere. La societa come tale, il mondo umano come tale, come unita organica non esiste dal punto di vista di questo linguaggio. Per questo é un serio problema teoretico trovare anche nel campo ecologico qualche soggetto individuale da difendere. una possibilita é il discorso sui diritti dei membri delle "future generazioni", ma questi soggetti non esistono ancora, e se non esisteranno nemmeno nel futuro - forse proprio a causa dell'attivita delle generazioni presenti -, i loro interessi non saranno violati. L'altra possibilita é attibuire diritti agli animali e alle piante, ma questo, come abbiamo visto, crea delle difficolta teoretiche e pratiche insuperabili.
[25] Questo rimarrebbe vero anche se si potesse dimostrare in qualsiasi modo l'esistenza di diritti assoluti ontologicamente anteriori ai doveri, e funzionanti sempre come dei "trionfi", trumps, per usare la parola di Dworkin. Cioé la dimostrazione non risolve niente. Per questo adesso facciamo astrazione dalla discussione della possibilita di una tale dimostrazione. Vogliamo accentuare piuttosto che i diritti non possono essere realmente posseduti senza le loro precondizioni ontologiche, le quali, pero, necessariamente limitano lo spazio dei diritti.
[26] Cf. Charles Taylor: Atomism. In Philosophy and the Human Sciences. Philosophical papers 2. Cambridge: Cambridge University Press, 1985. 187-210.
[27] Questo non vuol dire che il matrimonio sia obbligatorio. Ma se le sole possibilita moralmente permesse sono la virginita e il matrimonio, é sicuro che quest'ultimo sara scelta dalla maggioranza della gente che prende sul serio la legge naturale.
[28] Cf. Politica. 1280a-1281a
Lábjegyzetek:
[1] A szerző primo collaboratore scientifico dell'Istituto di Filosofia dell'Accademia Ungherese delle Scienze
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